Un malore stronca a soli 39 anni un giocatore noto per un episodio di cronaca che lo aveva reso simbolo di una delle prime iniziative antirazzismo nel calcio italiano
Aveva soltanto 39 anni, la sua carriera l’aveva conclusa da pochi anni tra i semiprofessionisti ma Akeem Omolade era un personaggio che gli appassionati di calcio ricordano bene.
Nel 2001, quando giocava nel Treviso, il giocatore di origine nigeriana, era stato oggetto di alcuni cori razzisti e di uno striscione offensivo da parte dei tifosi del club. I tifosi avevano contestato il suo arrivo e il suo impiego. Perché africano…
Calcio, l’antirazzismo dipinge di nero
I compagni di squadra di Omolade, in occasione dell’ultima partita in casa di quel campionato di Serie B – la squadra era ormai retrocessa – non lasciarono passare la cosa inosservata. Scesero in campo con la faccia completamente dipinta di nero. Un gesto di solidarietà che destò grande impressione, uno dei primi fatti concreti da parte dei calciatori contro un razzismo dilagante.
Chi era Akeem Omolade
Sono passati molti anni. Ma questo determinato malcostume da parte di alcune tifoserie non è ancora scomparso. Eppure il caso di Omolade aveva destato notevole clamore. Le circostanze della sua morte sono poco chiare.
L’ex calciatore era a Palermo: è morto in auto, nei pressi di Ballarò, in via Martoglio. Un malore improvviso. Akeem Omolade si era fatto venire a prendere da un amico per andare in ospedale per un controllo. Da alcuni giorni soffriva di un insistente e fastidioso dolore a una gamba. Era già andato due volte al pronto soccorso ma non c’erano lesioni, apparentemente nulla di grave.
Il dolore però era persistente ed estremamente acuto. Da qui la decisione di un ulteriore controllo. Ma Omolade in ospedale non ci è arrivato vivo. Il suo amico si è accorto del malore. Omolade si è accasciato in alto. Un primo immediato tentativo di soccorrso, poi l’allarme. Quando sul posto è arrivata l’ambulanza era già troppo tardi e i tentativi di rianimarlo sono andati falliti.
La procura ha aperto un fascicolo di inchiesta. I Carabinieri hanno acquisito la documentazione medica relativa alle sue precedenti visite in ospedale.
Una vita per il calcio
Omolade il calcio non lo aveva mai abbandonato. Giocava da amatore e appassionato. A Palermo aveva messo su famiglia, aveva una bimba piccola. Lavorava come consulente in tribunale prestandosi come traduttore durante le udienze.
La sua carriera, dopo quella brutta vicenda di Treviso che gli valse le pagine dei giornali, lo vide a Torino, Novara, poi soprattutto al Sud nelle serie minori. Gela, Barletta, Mazzara, Ribera. Ultima esperienza tra i dilettanti, con l’Altofonte. Aveva esordito con il Treviso in Serie B, un gol in tre partite.
In Serie A aveva vestito la maglia del Torino. Ma negli archivi dei giornali l’immagine cui tutti lo legavano era quella dei suoi compagni di squadra guidati dal capitano Fausto Pizzi la cui idea di dipingersi la faccia di nero per solidarietà piacque a tutto lo spogliatoio. Era il 3 giugno 2001, Treviso-Genoa (2-2), ultima gara in casa di una squadra già retrocessa dalla serie B alla serie C.