É lunga la lista di atleti che l’Australia si appresta a respingere al confine dopo il clamore suscitato dalla vicenda di Novak Djokovic
Con Djokovic ormai a casa, in Serbia, in silenzio stampa da giorni, e l’Australian Open proiettato verso le gare decisive della seconda settimana, continua a tenere banco l’atteggiamento rigidissimo dell’Australia nei confronti dei cosiddetti ‘no vax eccellenti’.
Per quanto i portavoce del governo australiano abbiano sempre respinto l’idea di avere colpito Djokovic per dare un esempio a tutto un continente e a un intero sistema, e per quanto anche lo stesso tennista abbia sempre negato di essere un ‘no vax’, è indubbio che il caso di Djokovic abbia avuto una notevole valenza politica.
Australia, Djokovic e gli altri
Oggi, anche per consolidare l’idea di non avere creato un caso ‘ad personam’, l’Australia ha reso noto i numeri delle persone che sono state lasciate fuori dal paese perché non in regola con le norme adottate per il contenimento della pandemia: diverse migliaia. E non tutti sono dei perfetti sconosciuti.
Tra questi spicca il caso di Kelly Slater che da tempo ha chiesto di poter entrare in Australia per allenarsi in vista dei primi grandi eventi della stagione di surf mondiale. Slater è il numero uno del surf, un autentico fuoriclasse, un leader, un personaggio amatissimo e di enorme successo mondiale. Tanto quanto Novak Djokovic.
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Il caso di Kelly Slater
Slater, dal canto suo, ha sempre avuto un atteggiamento molto chiaro su Covid e vaccino. “Nessuno mi deve dire che cosa devo fare per tenermi in salute” aveva dichiarato Slater tempo fa, ribadendo poi su Instagram di “sapere più io del 101% dei medici che cosa significa essere sani”.
Il ministro della salute australiano Greg Hunt ha detto che le regole non cambieranno: “Spero che Slater venga in Australia, che sia regolarmente vaccinato e che possa gareggiare. Diversamente non ci saranno spazi di tolleranza o eccezione”.
“No vax no play”, ha detto Hunt con una frase che è rapidamente diventata virale e che non mancherà di suscitare altre polemiche in vista della stagione internazionale del surf australiano che inizierà il mese prossimo con la Philip Island Pro (10 febbraio) e che porta sulle coste australiane decine di migliaia di professionisti e appassionati da ogni parte del mondo.