Osservatori pentiti. Ce ne sono tanti in giro per il mondo, se consideriamo che molto spesso il fattore fisico, vale a dire l’elemento trainante dei giudizi sui calciatori in età adolescenziale, si è rivelato un abbaglio frettoloso e fulminante. Storie di campionissimi che stanno facendo e hanno fatto la storia del calcio, ma in età giovanile vennero scartati per i motivi più variegati. Il loro talento non fu riconosciuto? Di certo il loro percorso ha subìto notevoli cambiamenti, modificandone l’inizio di carriera. Andiamo a conoscere il viaggio di giocatori scartati nei settori giovanili e poi diventati campioni.
MESSI
Non uno, ma ben due rifiuti incassati dalla Pulce. Un provino con il River Plate: 12 gol segnati nella partitella non bastarono per convincere la proprietà a tesserarlo. Il responsabile del settore giovanile, insieme all’allenatore, spinsero e non poco per prenderlo, ma la dirigenza spiegò – con una motivazione ai limiti dell’assurdo – che i ragazzi di talento erano già tanti. Più noto è invece il rifiuto del Como. Lo spiegò lo stesso Preziosi in un’intervista rilasciata nel novembre del 2014: “Messi mi fu proposto da Favero, nostro osservatore in Argentina. Mi parlò di questo fenomeno di 14 anni che costava 50mila dollari. Non l’ho scartato, non me la sentii di scommettere quella cifra per un ragazzo giovane e un po’ gracile”. Doppio rifiuto, dunque, per uno dei giocatori più forti della storia del calcio. La prospettiva, possiamo dirlo con certezza, non venne proprio riconosciuta.
CRISTIANO RONALDO
Galeotto fu… Arsene Wenger. Che, di fatto, non se la sentì di fare un investimento così importante per un giocatore in rampa di lancio sulla scena internazionale. Basta davvero poco per cambiare la storia dei trasferimenti. E questo caso è emblematico: Cristiano Ronaldo poteva essere un giocatore dell’Arsenal nell’estate del 2003. Visitò il centro sportivo dei Gunners, che temporeggiarono troppo, lanciando la volata al Manchester Utd di sir Alex Ferguson, che non se lo fece scappare. A ragion veduta.
RONALDO ‘IL FENOMENO’
Vi sembrerà strano, ma qualcuno in Brasile ha scartato Ronaldo ‘Il Fenomeno’. Cresciuto nella Pelada, il classico campaccio brasiliano dove l’erba proprio non si vede, avrebbe potuto accasarsi al Flamengo. Sarebbe stato il suo sogno. Fece un provino, (in brasiliano ‘il peneiras’, cioè setacci) per le giovanili della squadra rossonera. Aveva 13 anni gli osservatori decisero di prenderlo. Con una comunicazione molto chiara a lui e sua mamma: presentarsi il giorno successivo nella sede legale del club per firmare i documenti. Fu proprio lì che gli dissero che avrebbe dovuto pagarsi il viaggio per andare agli allenamenti: due autobus all’andata da Bento Ribeiro alla Gàvea e due autobus al ritorno. Mamma Sonia non poteva permetterselo e disse ‘no’ a malincuore.
JAVIER ZANETTI
L’arrivo in Italia del difensore argentino fu un’opportunità di cambiamento. Ma facendo un piccolo passo indietro ci accorgiamo che la storia di Pupi sarebbe potuta andare diversamente. All’età di 13 anni venne letteramente scartato dalla squadra del suo cuore, l’Indipendiente: “E’ stato un momento difficoltà”, aveva ammesso più tardi. Ebbene sì, perché Zanetti si mise a lavorare con suo padre, che faceva il muratore. Un periodo di tempo che l’ha fatto crescere tantissimo. Ha smesso di giocare per un anno per poi ripartire con forza dal Talleres, la squadra dove militava suo fratello. Provino passato a pieni voti e slancio dalle giovanili alla prima squadra.
FRANCO BARESI
Per un difensore centrale “non bastano 170 centimetri di altezza”. Quando venne pronunciata questa frase nelle segrete stanze dei bottoni interisti, beh, sicuramente Franco Baresi non ci rimase affatto bene. Anche l’Atalanta optò per non tesserarlo, nonostante un provino andato bene. Il Milan, invece, decide di puntarci forte. Il provino si svolge sotto gli occhi di Giovanni Trapattoni, Sandro Vitali e Gianni Rivera, che vengono colpiti dalla sicurezza e dall’intelligenza tattica del difensore. Affare fatto, la storia rossonera parlerà per lui.
ROBERT LEWANDOWSKI
È uno dei calciatori più professionisti con cui ho lavorato“, disse Pep Guardiola ai tempi del Bayern, citando lo stile di vita del centravanti polacco: “Mangia, dorme e si allena in modo tale da massimizzarne i benefici”. Ora incanta con la maglia del Barcellona, il sempreverde Robert, che ha incassato qualche rifiuto a sorpresa in età giovanile. Ebbene sì, perché nel 2010 il Genoa, che da poco aveva perso il suo Principe Diego Milito, si getta alla disperata ricerca di un profilo complementare per il reparto avanzato. Il nome individuato è quello di un giovane attaccante polacco del Lech Poznan, Robert Lewandowski. Accordo trovato, poi l’incontro a Genova, il pranzo con Preziosi e Gasperini. Dunque il dietrofront di Preziosi: “Pensavo fosse più alto”.
ANTOINE GRIEZMANN
Nel corso degli anni è diventato uno dei punti fermi della Nazionale transalpina, ma proprio in Francia è stato rifiutato. Il Lione gli disse chiaramente ‘no’ perché considerato “troppo piccolo”. Le petit diable si è preso ampiamente la sua rivincita tra nazionale e i vari club in cui ha militato. A volte l’altezza inganna e nasconde il talento. L’exploit di Griezmann ha fatto mangiare le mani a diversi osservatori, soprattutto transalpini. Proprio L’Equipe, qualche anno fa, dedicò un approfondimento sulla curiosa vicenda di un club delle serie inferiori che lo scartò, optando per un’alternativa rivelatasi poi tutt’altro che brillante.
KYLIAN MBAPPÉ
Storia che ha davvero dell’assurdo quella del fuoriclasse del Real Madrid. L’osservatore del Chelsea Daniel Boga ha spiegato anche per quale motivo Mbappé non fu ingaggiato dai Blues: “Il Chelsea fu il primo club a offrirgli un provino.Prima del Real Madrid.Ha fatto un test e non ha convinto perché non ha mostrato sacrificio in difesa“. La madre di Mbappé, secondo i dirigenti del Chelsea, non era convinta del suo trasferimento, anche perché Jim Fraser, attuale responsabile dello sviluppo del Chelsea, spiegò che avrebbe voluto vedere Mbappé nel lavoro senza palla e così Boga, in qualità di interprete, lo spiegò ai genitori. Ma fu proprio la madre ad arrabbiarsi: “‘Non torneremo più. Diglielo. Non tornerà. Se vogliono prenderlo, lo prendono adesso. Tra 5 anni tornerai per lui e ci vorranno 50 milioni di sterline”. Insomma, la mamma di Kylian ci aveva visto giusto.
Niccolò Anfosso