Fonseca, una sola chance. Adesso decide Ibra: ma chi sbaglia paghi. Roma, la rivoluzione tra silenzi e rapporti


Dalle parole ai fatti. E’ ciò che Zlatan Ibrahimovic si propone di fare nella fase più delicata della storia recente del Milan, e in un momento che ha tutto l’aspetto di poter risultare decisivo anche nelle valutazioni che il popolo rossonero farà rispetto all’importanza del ruolo che attualmente riveste, oltre che del suo operato.
Se in estate aveva accompagnato la scelta collettiva di puntare su Fonseca, sposandola poi con forza nel momento dell’introduzione della stagione che stava per iniziare, ora che l’emergenza è totale ed assoluta lo svedese ha deciso di agire in prima persona.
Il piano d’azione è stato sin qui rappresentato da una serie di riunioni fiume, con le quali Ibra si è rivolto allo spogliatoio dopo il suo rientro in Italia, nella ricerca di comprendere quali fossero le criticità parse insormontabili sino al post vittoria contro il Venezia.
La puntata successiva dei colloqui si è tenuta in una bollente mattinata, quella di ieri a Milanello. Non è più un mistero che la panchina di Fonseca abbia traballato parecchio nelle ore che sono appena trascorse, quasi al punto da metterne in dubbio la presenza in un Derby che rappresenta l’ultima chiamata possibile per riprendere le redini dello spogliatoio ed acquisire quella credibilità globale che l’ambiente rossonero, tifosi in primis, non gli hanno mai concesso fino in fondo.
L’impressione concreta è che solo una Stracittadina inaspettatamente molto positiva possa far recedere il Milan dalla decisione di stravolgere i piani organizzati in estate, con un cambio della guida tecnica che sarebbe altrimenti del tutto inevitabile.
Qualora si dovesse arrivare a quel punto, però, l’assunzione di responsabilità da parte dello svedese per le decisioni che prenderà sarebbe obbligatoria, con tutte le valutazioni che ne andrebbero a scaturire anche per i piani ad ampio raggio nella gestione di un club che sembra lontano dai valori sportivi che ne hanno sempre contraddistinto il blasone ed i risultati.

Chi la svolta l’ha già operata è invece la Roma. Sono arrivati i Friedkin nella Capitale, e dopo gli esborsi da record programmati in estate hanno deciso di mettere il punto sui malumori latenti che avevano caratterizzato Trigoria nelle settimane trascorse dal caso Dybala in pieno mercato sino alla mattinata di mercoledì.
Fa oggettivamente specie che in un ambiente passionale ed appassionato come quello giallorosso non ci sia stata mai, da tempo ormai immemorabile, la possibilità di ascoltare la voce di un dirigente che oltre ad assumersi la responsabilità delle decisioni e delle strategie intessute nel corso del mercato, ne spiegasse anche le ragioni.
L’impressione che ne deriva non è quella di un club forte al punto da resistere alle intemperie in virtù di una progettualità solida ed inattaccabile, ma piuttosto di una società che pur contando sulla passione e gli investimenti di una proprietà molto danarosa, manchi di un “manico dirigenziale” che diventa fondamentale per costruire una struttura duratura partendo dalle basi della stessa.
Ha pagato per tutti De Rossi, come avrebbe fatto solo un professionista che ha a cuore la causa anche più di ciò che la sua storia personale rappresenta per i colori giallorossi. Ha pagato ben al di là delle sue effettive responsabilità, vedendosi cancellare anche ciò che di buono era stato in grado di fare nella passata stagione. Come se un gol subito in pieno recupero possa effettivamente distinguere una strada sbagliata da una che avrebbe potuto invece regalare soddisfazioni. Il resto lo dirà il tempo, settimana dopo settimana.

La scelta Juric premia un allenatore molto preparato, che è stato sempre in grado di valorizzare i singoli attraverso il collettivo, regalando plusvalenze e risultati ai Presidenti che hanno deciso di affidarsi alle sue brusche ma funzionali cure. Un’opportunità che premia il professionista, ed anche il valore ed i rapporti di chi lo assiste. La presenza del suo agente Beppe Riso a Trigoria appena qualche ora dopo la comunicazione ufficiale dell’esonero di De Rossi è testimonianza diretta di una decisione che era già stata presa ed organizzata. Un’operazione che con la regia dell’operatrice di mercato Marianna Mecacci solidifica una linea anche troppo diretta con l’ad Lina Souloukou e che dopo l’affare Baldanzi, e la presenza in rosa di Mancini e Cristante si arricchisce di un altro “done deal”. La piazza, già in subbuglio, gradirà?

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