Non ho mai avuto un gattino, ma mi stanno molto simpatici: sono pur sempre una delle ricerche più popolari del web, una categoria che unisce e non divide. I leoni no, decisamente meno. Sono belli e affascinanti da tatuarsi, ma a volte fanno cose strane: si sbranano tra loro per coprire i loro errori e le loro insicurezze, per mettersi in mostra agli occhi del branco. Quello stesso branco che prima o poi a sua volta li sbranerà: è solo questione di quando, non di se. Ho trovato decisamente fuori luogo la parentesi da Super Quark di Zlatan Ibrahimovic: pensare che non è stata nemmeno la peggiore della tristissima serata di martedì. Perché quell’ “Io sono il boss e gli altri prendono ordini”, alla faccia della famosa collegialità, è stata l’ennesima ostentazione di un personaggio e non la reazione ponderata di una persona. Il Milan, sette volte campione d’Europa, non ha bisogno di personaggi, ma di persone: pensavo che la storia lo avesse insegnato, invece siamo al punto di partenza. E questo è avvilente, ben più avvilente del progetto tecnico del Leone in sé: a proposito, il “Boss” avrebbe dovuto parlare al popolo rossonero nel post partita. Perché “lavoriamo in silenzio” è una scusa che non accettiamo più: avete mai visto una Media Company – ciò che il Milan ambisce a diventare – che fa silenzio? O dietro lo show dell’intervallo con le magliette sparate dai cannoni e il “su le mani” c’è da ricercare un qualche significato nascosto? A proposito. A chi si occupa di queste cose, un consiglio: non richiesto, come sempre, visto che questo Milan, ai piani alti, non chiede nulla a nessuno – specie a noi gattini – e non ascolta e collabora mai con nessuno, al contrario di quanto fa in maniera eccellente tutti i giorni nei suoi esponenti più vicini a noi giornalisti, sempre disponibili e professionali. Forse, sarebbe il caso di evitare determinati show, che non appartengono alla nostra cultura, in momenti così delicati: forse. Come forse, sarebbe il caso di calarsi maggiormente nella realtà di chi ama il Milan da 30, 40, o addirittura in alcuni casi 80 anni. Martedì i tifosi del Milan, pochi (per via dei prezzi folli, altro tema da affrontare) ma buoni, mi hanno riempito gli occhi: ho incontrato persone dalla Puglia, dalla Sicilia, dalla Svizzera, dalla Macedonia. Tutti con il cuore spezzato dal dolore di questi giorni. Ma tutti con la felicità e l’orgoglio di ciò che il Milan rappresenta. È questa la vera ricchezza da preservare: senza queste persone, il Milan è una scatola vuota. Non posso pensare che un fondo potente come Red Bird non se ne renda conto: senza i risultati sul campo, ma soprattutto senza il rispetto della storia e dei valori, non c’è proprio nessun business da fare. A tutto c’è un limite e per tutto c’è un momento giusto. Non viviamo più nel 1987 e io, più di tanti colleghi, ho sempre compreso e appoggiato le esigenze “economiche” di questa proprietà, cosa che non rimangio. Proprio per questo, mi auguro che il mio appello venga accolto come un campanello d’allarme serio e non come un “cambio di sponda”. Perché la mia sponda – come vi dimostro quotidianamente anche sul mio canale YouTube, a cui invito ad iscrivervi cliccando qui – è la stessa di Santino di MartinaFranca, tifoso che abbiamo incontrato martedì sera. O dei ragazzi del Milan Club Romandia. O di quelli di Cerignola e di Matera. Non ci interessa chi comanda (che di solito lo fa senza dirlo), o chi dice di comandare, ma ciò che viene fatto concretamente per il bene di questi colori. C’è una sola sponda che ci interessa, Boss: quella del Milan.
P.S. Persone vicine a Zlatan Ibrahimovic, senza entrare nel merito delle dichiarazioni, ci tengono a sottolineare che la dichiarazione sull’essere “Boss” fosse di intento scherzoso, come chiarito esplicitamente ad Amazon Prime UK e come invece non si è percepito a Sky Italia. Corretto e professionale giornalisticamente aggiungerlo nel quadro generale: resta un fuorigioco, ma è quantomeno positivo per ripartire. Senza scherzare più, pensando unicamente a come salvare questa stagione.