La principale polemica che ha fatto seguito alla fine del mercato, introducendo le due settimane di sosta, è quella che ha coinvolto il Milan e l’atteggiamento di Theo Hernandez e Rafa Leao durante la gara contro la Lazio.
Partendo dall’assunto che a mio modo di vedere, di tutto si tratti tranne che di un “non evento”, le conseguenze mediatiche che ci sono state hanno fatto principale riferimento all’aspetto dirigenziale, mettendo in risalto come sia mancato il supporto all’allenatore per le scelte che in maniera lecita ha preso nel percorso di avvicinamento alla partita.
Un presupposto che già di suo, sconfessa ed ipotizza una presunta inadeguatezza a livello quantomeno carismatico e di personalità da parte del portoghese. Perchè mai un allenatore dovrebbe avere il bisogno di un dirigente che difende le sue scelte di formazione, o corre in suo soccorso ad ogni piè sospinto nella gestione delle dinamiche di spogliatoio? Come il Milan ha evidenziato in ogni circostanza nella quale è stato sollecitato ad esprimersi sull’argomento, il “gruppo di lavoro” prende decisioni di concerto, ma con aree di responsabilità ben delineate da confini precisi. Ed invocare una figura carismatica in grado di far rispettare l’autorità di un allenatore è probabilmente la peggiore delle critiche che a quel tecnico possa essere mossa.
E a chi obietta che un allenatore come Conte, in passato, abbia sempre coinvolto la società per la quale lavorava richiamandone la presenza in momenti in cui non ce ne fosse a sufficienza, viene da rispondere che mai l’attuale allenatore del Napoli ha chiesto al Marotta dei tempi dell’Inter di supportarlo nella scelta di schierare un centrocampista anziché un alto, o ancora un imberbe Bastoni anziché un pluridecorato Diego Godin, o nel momento delle tensioni con Lautaro Martinez quando veniva sostituito anzitempo. I richiami del tecnico in questione riguardavano piuttosto aree di competenza prettamente societarie, come le questioni di calendario o quelle arbitrali, tanto per fare degli esempi. Equivoco, questo, dal quale è opportuno che il Milan esca prima di generare ulteriori malcontenti o peggio ancora ulteriori delegittimazioni, se questo è l’allenatore al quale ha deciso di affidare il proprio futuro.
Il tema legato all’assenza di Ibrahimovic ha fatto altrettanto discutere, ma alla stessa maniera va sottolineato come lo svedese non debba essere raffrontato con Paolo Maldini, che era all’epoca il responsabile del blocco dirigenziale riferito all’area sportiva, ma faccia piuttosto parte della proprietà. Ed anche su questo aspetto, c’è un cono d’ombra sul quale è opportuno fare adeguata luce il prima possibile.
Le frasi da “Super io” fanno parte della personalità straripante di un fuoriclasse indiscutibile sul campo, ma siamo sicuri che abbiano la stessa presa sul gruppo e su tutti i senatori dello spogliatoio quando la vera esigenza sarebbe quella di rimboccarsi le maniche e remare tutti dalla stessa parte, senza presunzioni di superiorità che nel nuovo ruolo sono peraltro ancora tutte da dimostrare? Il dubbio rimane, e probabilmente non solo da parte di chi scrive.