Dopo le varie esperienze su panchine italiane come quelle di Como, Renate, Belluno, Bassano, Treviso, Vicenza e Legnago, il 58enne di Salerno, Giovanni Colella , ha scelto di ripartire dall’estero, dove ha accettato di affiancare Stefano Cusin come vice-commissario tecnico delle Comore.
Non che sia la prima volta per lui oltre i confini nazionali, dato che era già stato due volte in Albania, prima all’Fk Apolonia e poi all’FK Partizani. Colella è intervenuto in esclusiva a SPORTITALIA per parlarci del suo percorso ed anche di alcune delle sue ex squadre.
Cosa l’ha spinta a fare questa scelta?
“Con Stefano c’è un rapporto da tanto tempo, abbiamo fatto insieme i corsi al Coverciano, ci sentivamo spesso per scambiarci pareri e opinioni sia sul calcio italiano che sul calcio estero. Tempo fa lui è venuto da me con questa idea e aveva bisogno di un aiuto in campo durante le partite. Essendo io in attesa di una opportunità, l’idea mi è piaciuta e siamo partiti”.
Diciamo che l’estero non la spaventa.
“Io sinceramente all’estero ci sto bene, trovo realtà molto più, secondo me, centrate e professionali. L’allenatore viene tenuto in grande considerazione. Ho avuto solo soddisfazioni nel fare questo tipo di scelta”.
In Albania in particolare è tornato due volte.
“Sì e ci sono stato molto bene, anche se la prima volta era arrivata in un momento un po’ sfortunato perché è stato nell’anno dove siamo stati travolti dal problema del Covid. Il presidente di quella società si ammalò, poi la situazione peggiorò con il lockdown. Decisi quindi di tornare a casa, però anche quella fu un’esperienza molto formativa e positiva. Sicuramente quello che è successo dopo è figlio anche di quella esperienza”.
Delle panchine che ha avuto in Italia, a quale è rimasto più legato?
“Le ricordo tutte con grande piacere, però diciamo che le esperienze vissute a Bassano e Vicenza sono state quelle più significative probabilmente. Ma ricordo anche con molto piacere quella vissuta a Como: esperienza bellissima e anche abbastanza abbastanza lunga. Sono ricordi tutti tutti i positivi, insomma”.
Il Vicenza lo segue ancora?
“Sì, spero sempre che torni in Serie A, che è dove merita di stare. Però non è semplice, anche avendo a disposizione capitali e risorse ci vuole pazienza. Ci sono club che per fare il salto ci hanno messo 10, 12 o 15 anni: ci vuole pazienza”.
Come il Como: vedendo certi acquisti che stanno facendo, le fa un certo effetto essendoci passato?
“Eh sì (ride, n.d.r.). Ma era un momento completamente diverso ovviamente, quando c’ero io era appena rinato da un fallimento con una proprietà comasca che sicuramente fece tante cose per bene, poi anche alcune meno bene. Però quella squadra poi andò in Serie B. Quindi la ricordo anche quella con grande piacere. Chiaramente adesso è cambiato tutto, hanno la proprietà forse più ricca d’Italia…”.
Si aspetta che possa fare anche un percorso di rapida ascesa? Altre società partite con questi propositi sono state un fuoco di paglia.
“Non penso sia questo il caso, perché hanno una proprietà troppo forte. Avranno chiaramente le loro difficoltà ad ambientarsi in Serie A, come tutte, perché la Serie A è un campionato durissimo. Però penso che abbiano tutti i mezzi per affermarsi”.
Dove si vede in futuro?
“Mi vedo dove mi vogliono. In Italia ci sono migliaia di allenatori per 50 squadre, quindi non è così scontato trovare spazi. Vado dove effettivamente mi vogliono, che non è una cosa banale. Se un club ha un’idea e vuole me, ci vado volentieri, interessa poco quale sia la categoria o lo status”.
E la sua di idea?
“Quella di un calcio propositivo: non essere giovanissimi non significa non potersi aggiornare, io cerco sempre di farlo per proporre, dove vado, qualcosa di buono. Di offensivo. Vedo che oggi in tanti lo fanno ed è positivo. L’insistenza di Stefano mi ha convinto a venire qui intanto, sono felice della scelta che ho fatto, in futuro si vedrà”.