Una lunga esperienza nei settori giovanili fra Frosinone, Roma, Torino e Lecce – fra le altre – ora però Federico Coppitelli, laureatosi Campione d’Italia con il Lecce Primavera una stagione fa, ha deciso di accettare l’opportunità di mettersi in gioco in una prima squadra ed all’estero, in Croazia. Da qualche settimana è infatti iniziata la sua esperienza nell’Osijek, dove il ds José Boto non ha avuto dubbi nel dargli quella chance che dalle nostre parti ancora non era arrivata. Boto d’altronde è uno abituato a vederci lungo sui progetti basati sui giovani di talento data la sua larga esperienza in autentici modelli europei nel settore quali il Benfica e lo Shakhtar Donetsk.
Mister Coppitelli è intervenuto in esclusiva a SPORTITALIA per parlarci della sua nuova avventura, soffermandosi a parlare anche di alcune tematiche che hanno tenuto banco nel dibattito che ha seguito l’eliminazione dell’Italia dall’Europeo.
E’ stato il progetto impostato da Boto e basato sui giovani che l’ha convinta ad andare all’Osijek, in Croazia?
“So che si sente dire spesso, ma per me è stata una scelta abbastanza facile. Molti mi chiedano come mai abbia fatto una scelta magari non così ordinaria, visto che sono all’estero, però io qui ho trovato una società in grande crescita, fare con la presenza del direttore José Boto che è di spessore internazionale. Quando poi mi hanno spiegato la loro realtà ed il loro progetto per me è stata una decisione molto veloce devo essere sincero”.
Che tipo di idee le piacerebbe portare all’Osijek?
“Ma è chiaro che gli obiettivi sono quelli che poi sono stati espressi anche in pubblico, ovvero di creare un percorso ambizioso, di crescere sotto tutti i punti di vista e sviluppare i ragazzi giovani. Cercare sia di fare sia dei buoni risultati che di far crescere i talenti. Che poi è quello che ho sempre provato a fare, quindi più o meno il lavoro sarà lo stesso per me. Dal punto di vista delle idee, cerco un calcio che metta in condizione i nostri giocatori più importanti di esprimersi e di sviluppare la loro qualità”.
Fra i giovani di cui parla ci sono due nomi che sono circolati anche in Italia come Nikola Cavlina e Anton Matkovic: la motiva poter lavorare con giocatori così talentuosi?
“Sì, sicuramente. E’ il concetto che esprimevo prima, è uno dei tanti fattori che mi hanno portato a questa scelta, la presenza di giovani come loro, in un contesto che mi sembrava adatto per me. Per dire: ho trovato delle strutture pazzesche. Sono un giovane allenatore con ambizione e ci ho messo poco a scegliere questo progetto perché c’è veramente tutto. Un mix tra giovani che giovani che possono svilupparsi, giovani che in qualche modo si sono già affermati ed anche dei ragazzi con esperienza”.
Che soddisfazione ha avuto nel vincere lo scudetto con il Lecce Primavera?
“Forse la soddisfazione più grande della mia carriera. In molti vedono la coppa alzata, ma poi c’è tutto il lavoro dietro da parte di tutti noi che abbiamo lavorato con i ragazzi e dei ragazzi stessi. Prima della pausa dei Mondiali eravamo quint’ultimi, abbiamo finito stravincendo sia la regular season che i playoff. Come si è visto è differente vincere una cosa e l’altra con la formula attuale”.
Cosa pensa di Dorgu e cosa potrà fare nella sua carriera?
“Come ha detto benissimo mister Gotti, Patrick ha delle qualità che lo rendono secondo me speciale. Unisce tante cose che nel calcio moderno sono importanti e quindi dal mio punto di vista è un ragazzo destinato a fare una carriera secondo me di primissima fascia”.
L’Italia è fuori dall’Europeo e Gravina parla del problema degli stranieri nei settori giovanili, citando indirettamente il vostro Lecce. Come l’hanno lasciata le sue dichiarazioni? Si è sentito tirato in ballo?
“Sì, ma questa è una cosa che è già successa l’anno scorso. Sono 15 anni che lavoro nei settori giovanili, chi è dentro i problemi li conosce bene. In Italia ci fermiamo spesso a trattare la superficie dei problemi, veniamo tirati in ballo noi allenatori o questo discorso degli stranieri del Lecce. Gli esempi di sacrifici la fatica che facciamo per stare anche solo nel settore giovanile ed avere la massima professionalità tra i ragazzi sono infiniti. Se si volesse migliorare effettivamente la capacità del nostro paese di produrre talenti gli obblighi che andrebbero messi alle società sarebbero differenti, anche per favorire le possibilità ai giovani. Io credo che il nostro esempio che viene tirato in ballo invece doveva essere un monito”.
In che senso un monito?
“Noi come Lecce non è che abbiamo preso un giocatore del Real Madrid, uno dal Bayern Monaco e uno dal Manchester United. Lo scouting grazie al quale abbiamo vinto il campionato è stato fatto portando a casa un finlandese, un estone, due rumeni, un danese come Dorgu appunto, un albanese. Insomma, ragazzi che non arrivavano da chissà quali realtà. Più che quello che dice Gravina, farei la domanda opposta. Il Lecce vince con 10 punti di vantaggio con ragazzi come Dorgu, che non aveva un contratto da professionista in patria. Lui, Berisha, Borbei e Burnete li abbiamo portati in prima squadra: il nostro lavoro è stato fatto bene. Il direttore Corvino ha spiegato benissimo perché vengono presi i giocatori stranieri. Più che pensare a quello mi farei due domande sul fatto che uno debba prendere giocatori stranieri per essere competitivo. E si parla come dicevo di un estone, un finlandese, un rumeno, un albanese, un danese, quindi realtà che in teoria dovrebbero essere, fra virgolette, inferiori alla nostra cultura calcistica oggi. Invece il Lecce stravince il campionato…”.
Cosa ne pensa del salto che devono fare i giovani tra la Primavera e la Prima Squadra in Italia? le seconde squadre di Serie C aiuteranno?
“Secondo me bisogna fare un discorso molto lungo, io credo che sia un falso problema. Stiamo parlando di giocatori da Nazionale che devono fare la differenza in un Europeo. In questo momento evidentemente stanno mancando, a noi manca il Yamal di turno. Per quei giocatori non sono i percorsi collettivi a fare la differenza. A noi non mancano i giocatori di buon livello, mancano i campioni. Da un lato è un fattore genetico: bravi la mamma e il papà di Totti e Del Piero a farli nascere così”.
Che altro?
“D’altra parte c’è il coraggio e la lungimiranza delle società, con la profondità dei progetti nel far giocare dei giocatori talentuosi. Guardate Dorgu: fa zero presenza di prima squadra l’anno prima, ma l’anno dopo con D’Aversa è titolare. Questo è un passaggio che da noi manca e rende i percorsi dei giocatori più lunghi. Le seconde squadre possono aiutare, ma non so quante prime squadre oggi vedano realmente in un giovane della primavera una risorsa e vedano le sue qualità prima che le dimostri. Donnarumma oggi è una colonna però è stato bravo il Milan a farlo giocare a 17 anni, facendogli fare un percorso da fenomeno. Io ho allenato Frattesi, Scamacca, Buongiorno, adesso sono all’Europeo però hanno dovuto fare percorsi diversi molto più tortuosi. Mi chiedo: se su Scamacca si fosse puntato a 16 anni, da parte della Roma per esempio. E’ chiaro che magari quell’anno poteva essere meno incisivo di chi c’era come titolare, ma gli davi la possibilità di fare il percorso diverso. Ci vuole coraggio”.