Un paio di mesi fa utilizzai su queste colonne l’espressione ‘dead man walking’ per definire la posizione di Pioli nelle gerarchie future. Tanto l’allenatore quanto la società ne hanno avuto a male come se fosse un’offesa personale, cosa di cui lungi da me poter mai permettermi, né sul piano personale e nemmeno su quello professionale (e se qualcuno ha un dubbio, lo invito a fare una ricerchina su twitter per leggere con che parole di stima proprio umana mi esprimevo sul mister quando fu assunto dal Milan). Come è noto, è una espressione comunemente utilizzata come metafora quando la decisione sulla sostituzione di una persona è già presa ma quella persona continua a rimanere in carica, e può valere per me come giornalista così come per un allenatore o per un politico etc.
Mi risulta che appunto da mesi il Milan abbia deciso di cambiare, che ci siano vari nomi sul tavolo, che non sia ancora stata presa una decisione definitiva, che i contatti con Conte al momento non siano stati fruttiferi, che Thiago Motta sia stato solo vagliato (avvantaggiando la Juventus), che l’opzione allenatore straniero da altro campionato sia viva, che però la situazione sia in divenire, e solo una vittoria dell’Europa League possa spingere una rimonta disperata per Pioli.
I motivi per volere un cambio rispetto a Pioli ci sono e sono rispettabili: il Milan non è mai stato in competizione per lo scudetto nonostante la campagna acquisti da 125 milioni, e ha fallito la qualificazione agli Ottavi in Champions, dove pur avendo un gruppo difficile comunque rappresentava la seconda forza del girone, e pur avendo una squadra da Quarti di Finale si è giocata una Champions deludente dove pesa lo scempio della partita in casa contro il Dortmund.
E però. E però una stagione dura 9 mesi. Ed è innegabile che da gennaio ad oggi il Milan ha cambiato marcia, sia nelle prestazioni che nel rendimento. Addirittura in casa gioca come una squadra da leadership. E’ innegabile che il Milan non è mai stato in corsa per lo scudetto, però questo è un problema che ha affetto tutte le altre, e dovuto più che altro all’Inter che ha fatto sfigurare tutte le avversarie così come l’anno scorso c’era riuscito il Napoli. Sicuramente il Milan ha una squadra da podio, e adesso è anche seconda con slancio.
E’ vero doveva fare percorso in Champions, ma se in Europa League dovesse arrivare in finale a Dublino allora sicuramente avrebbe bilanciato la delusione. E se dovesse vincere, avrebbe fatto qualcosa di eccellente.
Dunque la stagione è assolutamente in divenire. Se è così allora, perché il giudizio del mondo Milan, dei tifosi normali o eccellenti, dei critici, è così spietato su Pioli?
Per carità i motivi di critica ci sono, ma così è ingiusto e ingeneroso. In un colpo solo vengono buttate nell’immondizia tutte le belle cose fatte in passato, e negato il percorso di crescita.
Ci mancherebbe, ognuno è giudicato per i risultati in stagione, ma l’anno scorso è vero che sul campo Pioli non era arrivato tra i primi quattro, ma era anche arrivato in semifinale in Champions. E se parliamo di questa sola stagione, come si è visto il giudizio può davvero oscillare tra la grandezza o la mediocrità nei prossimi 2 mesi.
Perché allora trattare Pioli come un usurpatore del posto in panchina, con il mondo Milan che arriva facilmente al dileggio?
Così no. Pioli ha ancora il diritto di giocarsi le sue carte per rimanere, così come per carità Cardinale ha il diritto di cambiare qualora lo reputi opportuno.
Ma se è vero che la questione infortuni è responsabilità di Pioli, non si dimentichi però che il cambio drastico di management è responsabilità di Cardinale, salvo poi fare retromarcia a stagione in corsa e chiedere l’aiuto di Ibrahimovic una volta resosi conto del vuoto di tutto lasciato da Maldini.
Non si dimentichi che la scelta dei calciatori nel mercato è degli uomini improvvisamente promossi da Cardinale, e non si può certo rimproverare a Pioli di averli avallati: cosa avrebbe dovuto fare, mettersi di traverso quando evidentemente chi l’aveva fatto come Maldini era stato esautorato, e da una posizione ben più salda della sua?
Non si dimentichi che è stato Cardinale e la dirigenza da lui scelta che ha optato per il piano ‘giovani che non costino più di 25 milioni’, che industrialmente ha un senso, ma che necessita di tempo per portare a risultati sportivi. E se Cardinale dice di essere consapevole che ci voglia tempo per la crescita, allora cosa altro avrebbe potuto fare di più in Serie A il Milan del secondo posto?
Di fondo, c’è che il mondo Milan dei tifosi non perdona a Pioli i 5 derby persi consecutivi. Una pressione mediatica che la società dimostra di soffrire sorprendentemente, quando invece dovrebbe avere una propria linea a prescindere dalle campagne social degli adolescenti o degli adulti poco cresciuti.
I 5 derby sono un peccato originale che non viene perdonato, che esploderà quando l’Inter si cucirà la seconda stella, e peggio mi sento se dovesse succedere nel sesto derby (ma personalmente non credo ci sarà un sesto derby consecutivo vinto). Assomiglia al peccato originale che il mondo Inter non riusciva a perdonare a Simone Inzaghi, ovvero lo scudetto perso nel recupero di Bologna, per cui gran parte dei tifosi nerazzurri hanno ritenuto colpevole senza redenzione Inzaghi, salvo fare marcia indietro grazie al derby vinto in Champions e alla bella finale giocata contro il City.
Ecco, pensate l’errore sesquipedale che il mondo Inter, società inclusa, avrebbe compiuto se si fosse fatta trascinare dall’emotività e avesse finito per chiedere il sacrificio di Inzaghi.
La situazione sarebbe simile se Pioli dovesse riuscire ad arrivare a Dublino. Ed è vero che le prestazioni stagionali del Milan sono ben inferiori a quelle dell’Inter dell’anno scorso, ma è altrettanto vero che da gennaio questo Milan gioca da squadra che ha trovato padronanza dei propri mezzi.
Giudicare con il dente avvelenato dei 5 derby sarebbe ingiusto nei confronti di Pioli, e nei confronti del Milan.