Siamo nel 2015: il Racing Club de Avellaneda sta vincendo per 3 a 0 contro il Crucero del Norte. L’eroe e simbolo della squadra di casa Diego Milito, autore di una doppietta, all’80’ minuto esce prendendosi la standing ovation. Al suo posto entra il talento del futuro, sul quale il club punta molto: Lautaro Martinez. Ripensarci oggi a distanza di più di otto anni fa un certo effetto, dato che è sembrato a tutti gli effetti un passaggio di consegne, anche all’Inter.
In esclusiva ai microfoni di SPORTITALIA è intervenuto l’allenatore che quel giorno pensò di inserire il Toro, Diego Cocca, il quale ci ha parlato anche di altri talenti che ha incrociato o che comunque sono protagonisti in Serie A, come il genoano Johan Vasquez che proprio ieri ha realizzato il gol che ha messo paura all’Inter.
Quel cambio è diventato quasi un simbolo, un passaggio di consegne. Ci pensò, quando lo fece?
“Sì, era quello che volevamo dimostrare: che Diego si poteva riposare un po’ dato che si avvicinava al ritiro. Riposarsi in quella partita, ma anche in generale, perché avevamo pronto chi potesse tranquillamente sostituirlo. Fu un messaggio”.
Diretto a chi?
“Alla gente, a Diego, ma anche a Lautaro stesso. Per dirgli che aveva la possibilità di cominciare a dimostrare che aveva tutte le carte in regola per essere il successore del Principe. Per me quel momento fu molto importante e voluto”.
Che rapporto aveva con loro due? Lautaro prese Diego come esempio fin da allora?
“Certamente. Io avevo un rapporto eccellente con entrambi, anche se andavano trattati in maniera differente. Milito era un giocatore fatto e finito, un campione, che stava per ritirarsi. Ero tanto contento di poter contare sul di uno come lui. Il Toro al contrario era un giovane che stava muovendo i suoi primi passi fra i grandi. Noi non dovevamo fare altro che agevolarlo”.
Come? Gli ha mai detto che avrebbe sfondato?
“Andava accompagnato, messo a suo agio. Era controproducente dirgli che sarebbe potuto essere il miglior attaccante del mondo. Piuttosto cercavo personalmente di consigliargli di continuare a fare ciò che stava facendo: lavorare, crescere ogni giorno, apprendere dai più esperti. Lo fece”.
Non rimase poi molto al Racing…
“No, infatti ha dimostrato di più in Europa che in Italia quanto vale: per come si è adattato così velocemente e come ha iniziato a rendere fin da subito in un club grande come l’Inter. Facendo gol a raffica”.
Gino Infantino era nel suo Rosario Central, quando lei allenava la prima squadra. Ora lui e Beltran sono insieme alla Fiorentina.
“In Argentina grazie a Dio ci sono sempre nuovi talenti in rampa di lancio. Rosario è impressionante in questo, l’ho visto con i miei occhi allenando il Rosario Central. Fra i giocatori delle giovanili e delle riserve c’erano solamente talenti di prospettiva. La chiave è cercare di indirizzarli perché abbiano successo in Europa. Sperando che lì incontrino qualcuno che li continui ad accompagnare, per esprimere il loro talento, per adattarsi. Lo auguro anche a loro”.
Chi ce l’ha fatta è Dybala: ora sta ribadendo che quando sta bene non è secondo a tanti.
“Dybala ha lasciato l’Argentina quando era molto giovane, si è adattato molto rapidamente. Negli ultimi tempi ha pagato qualcosa in più, ma la sua qualità è indiscutibile”.
A livello di tecnica, oggi fra gli argentini è secondo solo a Messi?
“Paulo ha una tecnica straordinaria. Personalmente però pensando a Messi la mia mente va più a Mac Allister, come tipo di giocatore. L’importante è la mentalità, che la possano mantenere in Europa. Come allenarsi, il modo di muoversi, la tattica. A volte quando lo vedo giocare lo confondo con Leo”.
Ieri una sua vecchia conoscenza, Johan Vasquez, ha fatto un gran gol a San Siro. Che ne pensa di lui?
“Si trova in un luogo dove gli viene richiesto il massimo di quello che serve. Questa è l’Italia del calcio: tutte le partite sono importanti, delle finali ed è per questo che sta facendo bene al Genoa e sono certo che continuerà a crescere”.