La rivoluzione in casa Juve è più un’urgenza che un’ipotesi. Non adesso, non tra una settimana, ma tra qualche mese un radicato piano di riforme diventa necessario. La sconfitta contro il Napoli – la terza da inizio febbraio – ha mostrato una volta di più i limiti di una squadra priva di un’identità tattica definita. Vero, le assenze pesanti erano una solida alibi per non aspettarsi una gara brillante, ma i dati in questo 2024 parlano chiaro. Dopo il pareggio con l’Empoli all’Allianz, sono arrivati appena 4 punti in 4 partite (rispettivamente 5 e 5 considerando la gara con i toscani). Pochi, troppo pochi per una Juve che deve avere ambizioni differenti dopo 4 stagioni molto più che deludenti.
Mancano i gol, mancano prestazioni convincenti (collettivamente e individualmente), manca la consapevolezza di una rosa che si riscopre con fin troppa frequenza fragile e inadatta quando i ritmi si alzano. E di questo, Allegri, non può che essere indicato come principale responsabile.
Al Maradona la Juve ci ha provato, con Vlahovic, con Iling Jr, con Cambiaso nella ripresa, ma l’epilogo non è cambiato, nonostante il gol di Chiesa a 10′ dalla fine. E soprattutto, non ha mai smesso di dare l’impressione di una squadra che quando attacca lo fa in maniera frenetica e spesso confusionaria. Serve di più, tanto per questo campionato, quanto per il futuro, in cui la Juve deve imporre un cambio di marcia netto e profondo, una rivoluzione appunto.
Presente e futuro
In campo ora la concentrazione dev’essere necessariamente veicolata al tentativo di cementare un posto in Champions League. Il rischio di uno scivolone in classifica sembra lontano, classifica alla mano, ma la corsa del Bologna e la rincorsa della Roma – al netto del possibile 5° piazzamento per le italiane – qualche lieve preoccupazione possono smuoverla.
Ma è all’avvenire che la Juve deve guardare. Perché dopo quasi 4 stagioni è arrivato il momento di permettere alla Juve di tornare a essere finalmente sé stessa. Abbandonando dolci ricordi e abbracciando il futuro.