La speranza è sempre l’ultima a morire, e Conte ci spera ancora che la Juventus bussi alla sua porta. Ma finora non è successo, conseguenza della situazione congiunturale economica che vede la Juve con l’acqua alla gola, e di quella sportiva, con un’inaspettata lotta scudetto che può improvvisamente allungare la vita sportiva di Allegri. Il quale come suo solito fa il lamentoso (mai in pubblico o davanti ai microfoni) e non perde occasione per far arrivare in camera caritatis il messaggio di essersi rotto e che questo può essere l’ultimo anno; ma che probabilmente lo fa per farsi pregare di restare e anzi farsi allungare il contratto in scadenza 2025, sapendo che dal punto di vista negoziale questo è il momento più propizio degli ultimi 3 anni per sedersi al tavolo a trattare.
La situazione ricorda la primavera 2019 di Conte: aspettava che la Juve si facesse avanti, e quella l’aveva pure fatto perché Paratici e Nedved avevano agito con tutti i passi necessari, ma Andrea Agnelli disse sempre di no; e allora quando a primavera capì che “il santo a Torino non avrebbe sudato”, accettò la corte di Marotta all’Inter, non senza aver ascoltato nel frattempo le lusinghe della Roma, scegliendo tuttavia il progetto nerazzurro.
Ecco, stavolta la situazione è molto analoga: aggiungendo il Napoli già pronto a fargli tintinnare le chiavi di Castelvolturno davanti, ma soprattutto sostituendo l’altra squadra di Milano. Sottraendo tuttavia il favore societario rossonero.
Perché per Conte sono Moncada e Ibrahimovic a spingere, mentre Furlani – che poi vuol dire Cardinale – è della tendenza Thiago Motta. Assumere Conte vuol dire sborsare almeno il triplo dello stipendio destinato all’allenatore del Bologna, e in sede di mercato dover accettare investimenti importanti. Non è necessariamente vero che Conte pretenda acquisti esosi: in verità nella sua carriera questo è avvenuto dopo il primo anno di insediamento in un nuovo club, ovvero dopo aver già portato miglioramenti concreti se non addirittura vittorie, e dunque potendo pretendere il salto ulteriore promesso dalla specifica società al momento dell’assunzione. Ma è ovviamente vero che a Conte il Milan dovrebbe garantire degli obiettivi specifici di mercato che invece Thiago Motta potrebbe solo limitarsi a indicare, chiaramente avendo un differente “potere d’acquisto” al tavolo di trattativa del proprio contratto.
Per Furlani – portatore sano delle volontà di Cardinale – la policy del Milan non è cambiata: comprare per crescere, attraverso acquisti Under 30 milioni che possano essere venduti facendo molto utile. E ovviamente comprare campioni già pronti come vorrebbe Conte, andrebbe in differente direzione.