ESCLUSIVA SI Scommesse, l’avviso del mental coach: “Siamo tutti responsabili”

"Chi sbaglia deve pagare": si sente spesso dire questa frase in questi giorni in cui il calcio italiano è stato letteralmente travolto da un nuovo scandalo, quello del calcioscommesse. E su questo, nessuno può dire nulla, una volta che il danno è stato fatto. Quello che ci si chiede però, è se si possa fare qualcosa anche prima, per prevenire, aiutare, evitare che si arrivi a tanto: il padre di Fagioli, per esempio, ha espressamente chiamato in causa i procuratori, chiamati a colmare le attenzioni che i genitori, spesso lontani, non possono dare.

In esclusiva per SPORTITALIA è intervenuto il mental coach professionista (per calciatori ed allenatori) Moreno Marchesini, per parlarne.

Che ne pensa di quanto sta succedendo?

"Il discorso é molto ampio e da sviluppare in profondità. Posto che non entro nel merito sul fatto che chi sbaglia debba pagare".

Prego.

"Per me va visto nell'ottica che sono persone prima che atleti. Rifletto sul sistema e cosa si fa per "arginare" la questione scommesse da parte di tesserati: quasi nulla. Va da sé che chi sta al fianco degli atleti debba fare un fondamentale lavoro di raccolta informazioni che non siano prettamente sportive, lavorative. E qui entra in gioco la fiducia vera, intesa come: 'Con te parlo di tutto perché ti sono vicino, ti sento vicino a me'".

Chi, in particolare?

"Le società, i genitori, gli agenti e tutte quelle figure come psicologi e mental coach che gli atleti di ogni sport hanno nei loro staff. Sono in parte d'accordo con il padre di Fagioli su questo".

Ovvero?

"Quando parla degli agenti che possono fare anche loro qualcosa. Il rifermento però é da estendere invece a tutti quelli che condividono il tempo con gli atleti. Per alcuni è amicizia, per altri un lavoro. E qui appunto é compito anche nostro, una volta acquisita la fiducia, lavorare sui valori e principi sani che devono motivarli. Poi non siamo tutti uguali".

Quali sono i rischi maggiori?

"Non sono mai abbastanza i temi di riflessione che smuovono le coscienze, soprattutto nei giovani che vengono investiti da notorietà e facilità nel padroneggiare denaro. Ritengo fondamentale approcciare con loro prima sulla persona che sullo sportivo e solo così si può varcare la porta, molte volte chiusa, della fiducia".

Che ne pensa delle soluzioni che vengono trovate in questi casi?

"Spesso si fanno cose importanti solo dopo I fatti, ma conta la prevenzione. Abbiamo invece tutti gli strumenti per intervenire al meglio prima, tutti si devono sentire responsabili. Genitori, affetti, addetti ai lavori, agenti".

E una volta avuta la fiducia dell'atleta, cosa si può fare per aiutarlo?

"Una volta carpita la fiducia molto probabilmente si possono affrontare temi riguardanti i valori e ascoltare soprattutto l'atleta a 360 gradi senza andare mai a giudicare quello che ne scaturisce, entrando così nella sfera privata laddove si evidenzino comportamenti contro la propria persona o contro le regole del suo lavoro".

E poi?

"Si potrà indirizzarlo verso comportamenti in linea con il mestiere e dove invece si riscontrano azioni che possono essere indice di patologie con estrema sensibilità si potrà almeno intervenire con le rispettive figure specialistiche in un secondo momento. Anche questo però è un passaggio delicato e da fare con le figure giuste, per questo e per tanti altri motivi lo staff intorno all'atleta deve essere sempre di grande fiducia e coinvolto emotivamente, toccando varie sfere della vita dell'uomo, prima che dell'atleta. Questo è fondamentale per la crescita sportiva a tutto tondo del calciatore in questo caso, ma vale per tutti".

Per la sua esperienza, quali sono le tentazioni o i rischi maggiori per un atleta, che lo sviano dal percorso?

"Per la mie esperienza con gli atleti, le tentazioni per loro sono sempre tante, ma laddove si riesce ad instaurare un rapporto vero di fiducia i risultati in termini etici e di valori sono sempre allineati. Torno a ripetermi: qui entriamo in gioco tutti noi intorno all'atleta. I casi "fuori dal binario" esistono ed esisteranno sempre, ma rientrare nella giusta direzione e per tempo senza "deragliare" é assolutamente fattibile. C'è un errore da evitare".

Quale?

"Se pensiamo che lo faccia il giovane calciatore da solo, perché essendo bello, ricco e famoso deve automaticamente sapere come si sta al mondo, secondo me facciamo tutti un grande errore di valutazione. Mi piace sempre dire, come faccio coi miei atleti ed allenatori, che bisogna stare focalizzati sul percorso e non sul risultato. E vale per dilettanti e professionisti. Durante questo processo, lavoriamo assieme, con tutto ciò che serve per renderci una persona migliore di ieri. Per noi stessi, ma soprattutto per chi abbiamo di fronte, in modo tale da esser fonte di ispirazione per gli altri. Non risolve sicuramente nessuna piaga sociale, ma credo sia un contributo fattivo e positivo perlomeno per indirizzare il lavoro, la passione sana, in una certa direzione nella vita".

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