Sulle gare in mezzo alla settimana, sui mercoledì di Champions e di coppe nel dettaglio, l'Inter ha costruito le proprie fortune nella passata stagione. Un dato di fatto ineludibile, perchè se non fosse stato per i trofei alzati tra i confini e per il cammino continentale giunto sino alla finale contro il City, difficilmente avremmo assistito ad un Inzaghi-ter, volto in maniera chiara alla conquista dello scudetto come assoluta priorità.
I dati di fatto della passata stagione e di quella ancora precedente, suggeriscono di far accompagnare da calma e riflessività i giudizi relativi alla sconfitta patita dai nerazzurri contro il Sassuolo: avversario ostico per definizione dal punto di vista tattico e capace di mettere in luce lacune sulle quali il tecnico piacentino dovrà rigettare le proprie energie in sede di preparazione.
Anzitutto le due partite che l'Inter non ha vinto in stagione sono state disputate di mercoledì, ed in entrambi i casi la formazione nerazzurra ha suo malgrado regalato almeno un tempo alla controparte. A San Sebastian fu sufficiente un secondo tempo all'arrembaggio per garantirsi il pareggio e sfiorare la rimonta, mentre a San Siro contro i ragazzi di Dionisi è stata proprio la seconda frazione di gioco a mettere in luce fragilità caratteriali e qualche deficit fisico sul quale ci sarà modo di lavorare, magari ampliando la rotazioni o modificandole nel proprio assemblaggio per garantire vivacità alla manovra per tutti i 90 minuti.
L'assenza di Arnautovic spingerà all'utilizzo di Klaassen come alternativa avanzata, e la scelta non fa una piega perchè giustificata dalla storia formativa dell'olandese cresciuto alla scuola di Cruyff con il mito di Litmanen e con l'ossessione di poter diventare perfetto in quella posizione ibrida di Ghost Striker cucita su misura da Van Gaal proprio sulle caratteristiche del finlandese. Klaassen ha qualità diverse, ma i tempi di inserimento fanno di lui un potenziale pericolo costante per le difese avversarie, andando così a rimpinguare il reparto di Inzaghi almeno fino al ritorno di Arnautovic. Un reparto che sta vedendo l'escalation di Thuram al ruolo di indispensabile: la commistione di tecnica, fisico e velocità del figlio d'arte lo rendono impossibile da sostituire allo stato attuale delle cose.
Parlando di attaccanti, nella settimana caratterizzata dallo scontro tra il Napoli ed Osimhen, si apre spontanea una riflessione legata al turn over scientifico per il ruolo di chi ha il compito di finalizzare l'azione. E' vero che con il calcio moderno agli attaccanti venga chiesto un dispendio di energie molto superiore rispetto a quello degli anni passati per garantire equilibrio alla manovra ed una attività di pressing costante ed asfissiante. Tuttavia non vorremmo che le eccezioni non fossero prese in debita considerazione. Mi spiego, i campioni, quando le cose non stanno andando per il verso giusto, devono restare in campo. Perchè privare attaccanti di razza dell'ultimo quarto d'ora di partita in nome di un risparmio di energie da far valere nei match successivi quando poi si corre il rischio di gettare punti ed opportunità nella gara che c'è in corso? Di quanti gol in carriera sarebbero stati privati i grandi attaccanti delle scorse generazioni se anche allora fosse stata imposta la regola senza eccezioni di un cambio prima dell'80esimo? Eppure basta tornare indietro con la mente ai vari Trezeguet, Crespo, Vieri, Adriano, Inzaghi e chi più ne ha più ne metta, per ricordare distintamente delle folli esultanze per reti allo scadere che sapevano avrebbero determinato il risultato. Un'applicazione delle rotazioni senza dovute eccezioni, rischia di soffocare la possibilità che la zampata del fuoriclasse possa sbilanciare una partita al di là dei meriti di quanto costruito dalla squadra. E sarebbe un grande peccato.