Inter: il futuro di Brozovic, il presente di Onana (e Lukaku). Milan: occhio ai giudizi sommari (ma tutto passa dal “nove”). Juve: il problema non è Allegri, ma Giuntoli. Gravina e il “sistema calcio”

C’è un sacco di roba da raccontare e fa caldo. Le due cose mal si sposano. E allora facciamo dei mini-ragionamenti, in fondo non siamo in grado di andare oltre.

L’Inter venderà Brozovic. Nella testa del club la destinazione è l’Arabia Saudita. L’Al Nassr lo accoglierebbe molto volentieri. Le cifre sono note: 23-24 milioni ai nerazzurri, 20 per tre anni al giocatore. L’entourage del giocatore stesso spinge assai in direzione deserto e, quindi, tutto appare piuttosto apparecchiato. Attenzione però: qui stiamo parlando di Marcelo Brozovic da Zagabria, mica di uno qualunque. L’altra sera mi sono permesso di scrivergli. “Ciao Marcè, mi mancherai”. Mi ha risposto: “Tutti mi salutano e io non ho parlato con nessuno. Roba da matti”. E in effetti hanno parlato i suoi, non lui. E lui forse vorrebbe restare nel calcio che conta, se proprio non può all’Inter, allora al Barcellona. Morale: Brozovic lascerà Milano, l’Arabia è la soluzione più probabile, ma come è normale che sia l’ultima parola spetta lui. Ah, che giocatore…

Il Milan si muove. Dopo la mazzata (per i tifosi) Tonali, ecco Loftus-Cheek. Ok, non vale il bresciano, ma non è neppure l’ultimo dei fessi. Questo per dire che, sì, l’infamissimo calcio moderno ci presenta quotidianamente il conto, ma se l’obiettivo finale è costruire squadre più forti, non è detto che alla fine “l’algoritmo” (o chi per lui) non riesca nel suo intento. Poi, ovvio, è necessario arrivare a un vero bomberone. Thuram è saltato, Lukaku sembra più che altro una boutade mediatica, Icardi un’altra carta molto poco slegata dalle linee guida della proprietà. È lì davanti che i rossoneri si giocano molto, ma prima di dire “non ci stanno capendo nulla” è il caso di attendere, è più probabile che sia l’esatto contrario.

La Juventus si arrovella sulle leggende metropolitane legate al suo tecnico, Allegri, e le offerte da mille e una notte, vere o presunte. Che una proposta dall’Arabia sia arrivata oppure no, poco cambia: Allegri ha scelto di continuare a Torino. Ecco, se per qualcuno questa cosa può essere “la condanna” dei bianconeri, il qui presente la pensa diversamente. Che l’ultimo biennio abbia portato molto poco in termini di gioie e che il lavoro dello stesso Allegri sia certamente insufficiente è sotto gli occhi di tutti. Ma è anche vero che il livornese non è affatto il pirla che qualcuno vuol far credere e in presenza di scelte logiche (non solo sue) può tornare a fare un gran buon lavoro. Ecco perché il vero nodo della stagione bianconera non è legato alla presenza del tecnico (opinione personale), ma all’arrivo in pianta stabile di Giuntoli, vero fuoriclasse del compra-vendi. La Juve ha bisogno di uscire dal meccanismo dei “soliti nomi” e il dirigente del Napoli (lo è ancora) è la persona giusta per trasformare la cattiva-gestione delle ultime stagioni in qualcosa di decisamente più funzionale.

Torno un secondo sull’Inter. Se davvero la questione è “Per trattenere Lukaku servono i quattrini derivati dalla cessione di Onana”, beh, allora tocca fare serissimi ragionamenti. Che senso ha andare a “toccare” un’operazione perfetta come quella andata a segno un paio di stagioni fa (108 milioni di incasso)? L’Inter cercherà in tutti i modi di trovare una via per trattenere il buon Big Rom, ma non se questo significa dover investire 40 milioni, ovvero la gran parte dei quattrini incassati dall’eventuale cessione di Onana (al momento da Manchester non sono giunte offerte ufficiali). Soprattutto, per Inzaghi il portiere camerunese è realmente uno degli intoccabili e non per una questione di “quanto sia bravo in porta” semmai di “che impostazione riesce a dare”. Una squadra che presumibilmente perderà il suo regista (Brozovic) può permettersi di perdere “l’altro regista” (sì, Onana) solo a fronte di un’offerta senza senso. Viceversa, molto meglio proseguire così.

Gravina dice “Sui diritti tv ci eravamo un po’ illusi dopo le tre finali europee” e questo – ci perdonerà – è esattamente l’errore che non andava commesso. Pensare di essere improvvisamente diventati “belli” perché tre club hanno indovinato la campagna europea, significa non aver compreso le nostre priorità. L’appeal del nostro calcio non passa dai risultati dei singoli, ma dalla capacità di fare “sistema”. E quella, ancora oggi, è pura utopia.

Oppure tutto il contrario.

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