Alla 57esima presenza con la Juventus, la squadra del suo cuore e nella quale è cresciuto, Fabio Miretti è riuscito a mettere la propria firma con un gol. E di che peso: la rete di sabato è valsa tre punti a dir poco pesanti per i bianconeri, che sono rimasti agganciati al treno-scudetto, al termine di un match sofferto contro una storica rivale come la Fiorentina.
Il primo di una lunga serie, auspica chi lo conosce bene: Fabio i gol li ha sempre fatti a livello di giovanili ed infatti lo stesso Allegri aveva "chiamato" il suo gol, nella conferenza stampa della vigilia, quasi a spronarlo.
In esclusiva per SPORTITALIA è intervenuto il primissimo allenatore di Miretti ai tempi del Cuneo, Fabrizio Blengino, per parlarci di lui e dei suoi inizi: l'allenatore ci ha confermato che la vena realizzativa sia in realtà ben presente in lui.
Ci parla di quando lo scoprì?
"Aveva 6 anni, prima di arrivare al Cuneo giocava a Saluzzo in qualche squadra della parrocchia. Ermanno Demaria, allenatore oggi a Fossano, lo vide al campo della chiesa. Collaborava con il Cuneo ed è stato lui a portarlo su. Era un 'nanetto' minuscolo, più piccolo di tutti gli altri".
E caratterialmente?
"Timido e riservato, ma non quando giocava. Uno come lui non l'ho mai più visto".
Ma in un bambino di 6 anni quanto si può vedere il talento?
"Era davvero tanto più bravo dei coetanei, mi creda. Aveva corsa e dinamicità fuori dal comune. Rispetto agli altri bambini aveva questa propensione al sacrificio: si faceva tutto il campo in lungo ed in largo, mentre gli altri correvano tutti in direzione del pallone. La tecnica l'ha migliorata alla Juve, ma tutto il resto non glielo spiegava nessuno. Ed aveva una cosa in più degli altri".
Cosa?
"Ai bambini di solito spiegavo le cose e dopo 30 secondi già si stavano facendo i cavoli loro. Lui ti ascoltava attentamente e la volta dopo aveva già fatto sua la nozione".
Il padre ci ha detto che lui e sua madre non sono mai stati oppressivi loro figlio, nello sport, a differenza di altri genitori di giovani promesse…
"Erano talmente discreti che sua mamma non mi ricorderei neanche che faccia abbia. Suo papà sì perché era un omone grande, ma sempre rispettoso: lo portava, lo incitava e lo veniva a riprendere. Nessun tipo di ingerenza: questo anche quando agli inizi giocava meno perché era il più piccolino".
Quando venne notato?
"Andammo a fare torneo con i 2002, a Natale. Un torneo che vincevamo sempre perché avevamo lui (ride,n.d.r.), faceva per tre. A quel torneo c'era la Juve che giocava con i 2003. L'allenatore dei bianconeri mi disse: "Ma questo qua da dove lo avete tirato fuori?!": E io: "È arrivato da Saluzzo e ce lo siamo ritrovati qui". Continuava a dire che era "tanta roba" e si fece dare il nome suo e di questo Tosi, un altro ragazzo che poi andò alla Juve, salvo perdersi per problemi fisici. Da lì fece tutta la trafila. Una cosa mi sorprendeva di lui".
Quale?
"Quelli bravi tendono ad essere individualisti. Lui è sempre stato l'opposto: se il fare gol era la cosa più logica, beh l'ha sempre buttata dentro. Ma quando era più saggio passarla, la passava sempre. E' sempre stato intelligente, nessuno glielo ha mai insegnato".
Sta raggiungendo traguardi importanti in bianconero. Il gol è appena arrivato.
"La mancanza del gol era nota stonata anche se non è la Juve dei Pirlo, Pogba e Vidal, c'è meno qualità ed un giovane ne può risentire. Però fa un po' specie che non avesse ancora segnato. Nel suo percorso ha fatto anche la seconda punta perché l'ha sempre buttata dentro".
Come mai secondo lei?
"Presumo che il tatticismo di Allegri forse da questo punto di vista lo abbia un po' frenato agli inizi, anche se non mi permetto di giudicare il mister. La partita con la Fiorentina è stata emblematica sotto questo aspetto".
Non è la Juve dei Pirlo, Pogba e Vidal: ma non è anche un vantaggio, per lui?
"Sicuro da questo punto di vista. Soprattutto se non arriva nessuno a gennaio si fa un sacco di esperienza. Vedi Cambiaso, che addirittura viene messo interno di centrocampo per l'emergenza. Con Pirlo e Pogba giocava al massimo la Coppa Italia…".
Raggiungerà quei livelli?
"Quei livelli non lo so, lo spero. Magari di uno come Marchisio sì. Non so se proprio al suo livello, ma mi aspetto che come Claudio arrivi a essere quel centrocampista che i suoi sei sette gol li fa".
E magari, un giorno, sognare la fascia di capitano…
"Magari, in un calcio in cui non ci sono più bandiere sarebbe stupendo, per lui e per la Juve".