Era la storia che tutti avremmo voluto raccontare. La stessa che abbiamo sognato, cercato e più volte invocato per intere stagioni.
Hamilton e la Ferrari. O se preferite Hamilton alla Ferrari. Perché questa è sembrata, per anni, la soluzione ad ogni problema, la strada necessariamente da imboccare per ritrovare e riportare la Rossa sul tetto del Mondo. Il pilota più iconico, vincente e twittato, al volante della macchina che più di ogni altra sintetizza in elemento meccanico dotato di quattro ruote la passione, sfrenata, per la velocità.
Una notizia che nelle ultime 24 ore, da quando nello specifico e per i primi i colleghi del Corriere della Sera l’hanno diffusa, si è trasformata in una girandola di indiscrezioni, attese e infine conferme. Il baronetto Lewis finalmente con la tuta rossa, a partire dal 2025 e dopo un corteggiamento, reciproco, che sembrava condannato a non concludersi mai nel più auspicato lieto fine.
Non servirà, da solo e nonostante i sette titoli mondiali che imbarcherà nel bagaglio del suo primo volo per Maranello, per riportare e da subito le ambizioni ferrariste lì dove meritano di stare. Non potrà farcela, da solo e non solamente perché il prossimo 7 gennaio spegnerà 40 candeline, ma perché in questo sport il concetto di uomo capace di trascinare una macchina alla vittoria si è dimenticato, fino a perdersi, tra i labirinti dei regolamenti e della tecnologia.
Servirà una Ferrari migliorata nel passo gara, tanto quanto in aerodinamica e gestione gomme. Servirà equilibrio, sapiente, da parte di Vasseur e l’intero muretto nell’amministrare una coabitazione articolata e tutta da decifrare tra lo stesso Lewis e Leclerc.
Servirà tutto e serviranno tutti. Perché la notizia di Lewis Hamilton finalmente in Ferrari diventerà un lieto fine solo se saprà rappresentare l’inizio di qualcosa di nuovo e vincente.