Spesso non si trovano abbastanza parole per descrivere il dolore e il vuoto che lascia la scomparsa di qualcuno. È il caso della morte di Luigi Riva, detto Gigi, monumento del calcio italiano che ieri sera all’età di 79 anni ci ha lasciato improvvisamente per l’aggravarsi di una preesistente sindrome cardiaca. Un lutto che ha colpito in primis la sua città d’adozione Cagliari, e poi tutto il calcio italiano che il nome di Riva lo ha stampato in alcune delle pagine più gloriose della nostra Nazionale, nonché nel record di gol con la maglia azzurra, 35 (in 42 presenze!) che resiste da oltre 50 anni.
Gigi Riva, simbolo del Cagliari
Gigi Riva ci ha lasciato ieri sera all’ospedale Brotzu di Cagliari, lasciando un vuoto incolmabile nella città e nella storia del suo club il Cagliari. Riva è il più grande giocatore della storia del club sardo. Nel 1969/70 dopo una lunga crescita, avvenuta attorno alla sua figura, al suo carisma, al suo infinito talento, i rossoblù hanno vinto l’unico scudetto della loro storia. Una cavalcata segnata e ritmata dai gol dell’attaccante nato a Leggiuno il 7 novembre di 25 anni prima.
Leggiuno, quel piccolo comune di 3500 abitanti, che Gigi a soli 19 anni aveva lasciato per trasferirsi in Sardegna. Fortemente voluto dall’allora direttore generale della società sarda Andrea Arricca che lo strappò al Legnano. Riva arrivò in Sardegna nel 1963 con la valigia piena di sogni, supportato e accompagnato dalla sorella e spaventato dall’esperienza in quella landa allora colpevolmente sconosciuta del territorio italiano. Da quel momento in poi, Gigi Riva comincia una storia meravigliosa. Riva diventa prima simbolo del Cagliari e poi simbolo di un’intera Regione. Diventa Sardo, per scelta, fieramente rappresentante di una Terra che gli ha voluto bene come un figlio. E che lui ha ripagato portandola in giro per l’Italia con orgoglio. E più volte ha rifiutato le avances delle big, soprattutto la Juventus, che avevano offerto ponti d’oro a lui e al Cagliari.
L’Europeo del 68, Italia-Germania e i maledetti infortuni
Gigi Riva è diventato in quegli anni anche un punto fermo della Nazionale Italiana di Valcareggi. Con Riva in campo, l’Italia partiva sempre o quasi 1-0. Il numero 11 ha segnato 35 reti in sole 40 presenze con la maglia azzurra. Nella storia rimarrà per sempre il gol nella finale dell’Europeo 1968, quando nella ripetizione del match contro la Jugoslavia lui e Pietruzzo Anastasi, scomparso nel 2020, misero la firma sul primo Campionato Europeo vinto dalla Nazionale Italiana.
L’altro gol che rimarrà negli annali è quello della Partita del Secolo, Italia-Germania 4-3, semifinale del Mondiale 1970. Riva firmò il momentaneo 3-2 dell’Italia nei tempi supplementari poi pareggiato da un immenso Gerd Müller.
Alla Nazionale però Gigi Riva ha “donato” parte della sua carriera. Nel marzo 1967, durante una gara contro il Portogallo, si scontrò con il portiere lusitano Americo Lopes, riportando la frattura del perone della gamba sinistra. Il grave infortunio gli costò buona parte del finale di stagione, ma riuscì comunque a segnare 18 reti con la maglia del Cagliari.
Il più brutto però, anche per le conseguenze sulla storia del Cagliari, fu quello del 1970. Durante un’Austria-Italia di fine ottobre 1970, un intervento durissimo dell’austriaco Hof causò a Riva la frattura del perone dell’altra gamba. In quel momento, il Cagliari era in testa al campionato di Serie A ed era il grande favorito per lo Scudetto. Quel ko subito in Nazionale, fermò l’ascesa di Riva e della sua squadra che senza di lui perse le posizioni di testa e uscì dalla Coppa dei Campioni.
Gigi Riva, “Rombo di Tuono”
Era il 25 ottobre 1970, 6 giorni prima di quel maledetto intervento di Hof al Prater di Vienna, il Cagliari a San Siro fece quella che è considerata da molti “la partita perfetta” del Cagliari di Scopigno e Riva. Seppure nella stagione successiva allo Scudetto, il Cagliari aveva mantenuto l’ossatura Campione d’Italia e Riva ne era il condottiero. La gara contro l’Inter finì 1-3 e si narra che il risultato fu limitato dalla richiesta di Sandro Mazzola all’amico e compagno di Nazionale Riva di evitare di essere massacrati.
In quell’occasione, Gianni Brera, che era a San Siro per seguire la gara coniò o meglio pubblicò quel soprannome diventato Mito. Brera lo aveva già immaginato, pensato quel soprannome, da tempo. Lo aveva pensato da quando più di una volta era stato all’Amsicora di Cagliari, lo stadio dello Scudetto rossoblù e aveva sentito il “Rombo” dello Stadio alle gesta di Riva. Quando la palla arrivava al numero 11 del Cagliari, l’arena si ammutoliva, poi Gigi tirava sempre con una potenza ed un’eleganza fuori dal comune e la sua conclusione veniva accompagnata dal rombo dei tifosi cagliaritani. Da lì in poi Gigi Riva sarebbe diventato “Rombo di Tuono”. Il Mito, la Leggenda che ha significato molto più che una semplice impresa sportiva per Cagliari e la Sardegna.