Danilo al Napoli?
Ospite del podcast ‘Muito Alem do Desporto’, l’ex capitano della Juventus Danilo ha parlato del suo ritorno in Brasile dopo l’avventura in bianconero: “Ho sempre detto che non sarei tornato in Brasile, che sarebbe stato molto difficile. Ma per fortuna abbiamo la possibilità di riformulare le idee, riformulare i pensieri, perché forse, se avessi continuato dritto su quella linea di non tornare nel calcio brasiliano, non starei vivendo alcune emozioni che, in così poco tempo, sto già provando”.
Perché il Flamengo?
“Doveva essere il Flamengo. Perché da bambino sono sempre stato un tifoso accanito. Doveva essere il Flamengo, perché avevo bisogno di vivere questo e farlo vivere anche ai miei genitori, ai miei fratelli, che sono anche loro tifosi del Flamengo”.
I motivi dietro questa scelta?
“Il mio ritorno in Brasile ha molto a che fare con il calcio. Ha molto a che vedere con ciò che ho imparato in termini di mentalità, esperienza e cultura calcistica in tutti i paesi in cui sono stato. Ma ha anche molto a che fare con l’aspetto sociale. Credo che il mio ritorno, così come quello di altri grandi atleti come Oscar, Lucas Moura, Neymar, Alex Sandro, abbia un significato profondo. Sono giocatori che hanno vissuto molti anni in Europa e hanno conquistato tutto”.
Sulla sua carriera.
“A 18 anni sono andato al Santos di Neymar e Paulo Henrique Ganso. Dopo un anno e mezzo, un anno e dieci mesi, sono stato venduto al Porto. Sono rimasto altri sei mesi per giocare il Mondiale per Club. Al Porto ho avuto qualche difficoltà all’inizio ma sono andato sempre avanti. Poi il Real Madrid, e lì ho pensato: ‘Amico, questo è il curriculum e il percorso perfetto per una carriera.’ Ma è stato proprio al Real Madrid che ho iniziato ad avere problemi che non avevo mai avuto prima. Problemi emotivi, mentali. E lì forse è stato il momento più difficile: ‘Chi può aiutarmi? Nessuno può aiutarmi.’ All’América Mineiro, a volte non c’era nemmeno da mangiare, niente colazione. Mi allenavo, superavo tutto. E ora che sono qui al Real Madrid, guadagno bene, sono conosciuto, ho macchina, casa, tutto perfetto, ho bisogno di aiuto. Allora ho detto: ‘Va bene, ascolterò uno psicologo dello sport.’ Da lì ho fatto la prima seduta e mi ha dato un conforto che non provavo da tanto tempo. E mi sono aperto a quella possibilità. Ho pensato: ‘Forse è proprio ciò di cui avevo bisogno, qualcosa che mi aiuterà davvero.’ E io avevo tanti pregiudizi, difficoltà ad accettare che qualcuno potesse aiutarmi in qualche modo. Ma da quel primo incontro ho pensato: ‘Ok, facciamone un altro la prossima settimana, vediamo che succede. Già mi ha aiutato.’ E da lì ho detto: ‘Voglio farlo ogni settimana’”.
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