Il ranking ATP parla chiaro: Jannik Sinner è sempre più leader, Carlos Alcaraz ancora troppo incostante. Mentre l’azzurro sta scontando una squalifica il suo vantaggio in classifica si è persino consolidato.
Un dato che evidenzia due cose: la forza dei risultati ottenuti da Sinner prima dello stop – su tutti il trionfo agli Australian Open – e la difficoltà dei suoi rivali più diretti nel mantenere continuità. Tra questi, proprio Alcaraz. Il talento di Murcia ha fin qui ottenuto un solo titolo nel 2025, a Rotterdam, troppo poco per un giocatore considerato da molti come il più dotato della sua generazione. Le sue ultime uscite, con le premature eliminazioni a Indian Wells e Miami, hanno confermato un trend preoccupante: Carlos è capace di momenti di pura genialità, ma alterna picchi straordinari a passaggi a vuoto inspiegabili.

Una variabilità che, al livello più alto, costa carissima. E mentre Alcaraz fatica a costruire una striscia solida, Sinner – pur fermo – incassa. I suoi 10.330 punti valgono il primo posto ATP con ampio margine su Zverev e sullo stesso spagnolo. Il ritorno dell’italiano è fissato per il 4 maggio, ma il messaggio al circuito è già stato lanciato: per togliergli lo scettro non bastano colpi spettacolari, serve concretezza. E finora, nessuno l’ha trovata.
Bordata di Wilander: “Alcaraz? Non sarà mai come Sinner”
Carlos Alcaraz è ancora alla ricerca di quella solidità che distingue i grandi dai grandissimi. Dopo le sconfitte premature a Indian Wells contro Jack Draper e a Miami contro David Goffin, è arrivata la stoccata di Mats Wilander, che ai microfoni di Eurosport non ha usato mezzi termini: “Credo che Alcaraz stia sperimentando oggi quello che sperimenterà per tutta la sua carriera: l’incostanza”. Per Wilander, lo spagnolo è destinato a stupire quanto a disorientare. Saprà fare prodigi, e questi lo aiuteranno a vincere le partite… poi ne farà altri, ma alla fine perderà – ha spiegato il conduttore, affilato come una lama, riferendosi ad Andre Agassi, altro talento assoluto capace però di alternare titoli a cadute verticali.

Agassi infatti trionfava in tornei rilevanti e Slam – poi cadeva su un primo turno facile. Succedeva spesso durante la stagione europea, non importava se indoor o outdoor. Poi tornava in America e si riaccendeva. Alcaraz sembra muoversi su binari simili: geniale, imprevedibile, ma ancora lontano da quella continuità che spaventa gli avversari. Wilander lo dice chiaramente: il problema non è la qualità, ma la frequenza. Ogni scivolone apre la porta agli altri, toglie sacralità al suo nome. E nel tennis d’élite, se gli avversari iniziano a pensare di poterti battere, metà della battaglia è già persa.