A più di un mese dalla squalifica, il nome di Jannik Sinner torna a far rumore puntualmente e non certo per i suoi trionfi in campo.
Il numero uno del mondo, attualmente fermo per la squalifica di tre mesi inflitta dalla WADA a seguito della nota vicenda legata alla positività involontaria al clostebol, rientrerà in tempo per la stagione sulla terra battuta. Il primo torneo cerchiato in rosso è quello di casa: gli Internazionali d’Italia, dal 7 al 18 maggio, saranno il palcoscenico del suo ritorno dopo quasi 100 giorni di stop forzato. Un’assenza che ha fatto discutere, così come la gestione del caso da parte delle autorità antidoping, finita nel mirino del sindacato fondato da Novak Djokovic, la PTPA.

La stessa associazione, attualmente impegnata in una causa legale contro ATP, WTA e ITIA, ha usato proprio Sinner come esempio negativo, accusando il sistema di aver usato “due pesi e due misure” nei suoi confronti. Un attacco che ha generato scalpore e che ha portato Djokovic a intervenire pubblicamente dal Miami Open, dove si è qualificato ai sedicesimi. Gli atti presentati dal sindacato hanno riportato parole forti nei confronti di Sinnner, il quale con immensa saggezza si è sottratto a polemiche e si sta concentrando sugli allenamenti.
Caso Sinner, Djokovic fa dietrofront
Non solo una squalifica da scontare, ma ora anche una causa legale che lo vede tirato in ballo in modo pesante. Jannik Sinner è stato bersagliato da numerosi sportivi e, cosa più dolorosa, da molti suoi colleghi eccellenti. Nella documentazione depositata nei tribunali di Londra, Bruxelles e New York dalla PTPA, Sinner viene additato come caso emblematico di un sistema antidoping “corrotto e abusivo”, accusato di averlo trattato “con i guanti bianchi” rispetto ad altri atleti. Un’accusa pesante, fondata su affermazioni peraltro false, come quella secondo cui non sarebbe mai stato sospeso – quando invece è stato squalificato – o che non ci sarebbe stata alcuna indagine a suo carico.

A Miami, Djokovic ha cercato di prendere le distanze: «Ci sono cose con cui sono d’accordo e altre con cui non lo sono. Alcuni termini erano piuttosto forti, ma immagino che il team legale sappia cosa sta facendo», ha detto in conferenza. E ancora: «Non ho firmato la causa perché voglio che altri giocatori si facciano avanti». Una difesa tardiva, che però non cancella l’impatto delle accuse piovute su Sinner, chiamato in causa suo malgrado. Al tennista di San Candido non resta che rispondere sul campo…