Edoardo Bove, centrocampista della Fiorentina, dopo Sanremo, è tornato a parlare del malore che l’ha colpito durante la 14esima giornata di Serie A del 1° dicembre, durante la sfida dell’Artemio Franchi contro l’Inter, match poi recuperato il mese scorso e vinto dalla squadra allenata da Raffaele Palladino con il punteggio di 3-0 e, da quel momento, il prodotto del vivaio della Roma, è diventato un’arma in più per i viola sempre pronto a fare il tifo ai suoi compagni dalla panchina.

Al centrocampista viola è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo che gli impedirebbe, almeno in Serie A, di tornare a giocare immediatamente, un po’ come successo in passato a Christian Eriksen con l’Inter, con il Ministro dello Sport, che ha dichiarato, nelle scorse settimane che vorrebbe modificare il protocollo medico-sanitario, permettendo soltanto a casi certi la possibilità di ritornare in campo.
Fiorentina-Inter, la ricostruzione di Bove e l’annuncio sul futuro
Un racconto pieno di emozioni al podcast di Gianluca Gazzoli ‘Passa dal BSMT’. Le sue dichiarazioni: “Ora mi sento bene. Io sto riuscendo ad andare avanti perché ho ricevuto tantissimo affetto e non riesco a immaginare cosa si provi ad affrontare tutto questo in solitudine. L’idea di smettere è inconcepibile, come faccio? Tuttora una parte di me non vuole credere a ciò che è accaduto. Mi sono sempre sentito un supereroe, mentre adesso esce la parte vulnerabile. In ambulanza ho fatto un bel casino. Dopo la rianimazione lo choc ti rimane, cercavo di mordere tutti, ero indemoniato”.

Defibrillatore? “La legge italiana non permette di giocare a calcio con il defibrillatore ma non è una questione medica. Per questo all’estero certi Stati consentano la pratica agonistica. Nel futuro dovrò fare delle visite importanti che mi diranno se posso toglierlo e, in caso, cosa dovrei fare. Poi conta anche la salute mentale perché se io non mi sentissi sicuro senza allora cambierebbe tutto.
Non c’è ancora nulla di definito quindi e questo mi fa ben sperare nel futuro. Se andrei all’estero? Sì perché lo devo a me e a tutti i sacrifici che ho fatto. Non mi sentirei di mollare, sono ancora giovane. Dopo il malore ho sentito subito Eriksen, è stato molto carino e mi ha dato tanti consigli”.