Editoriale Calcio

Juve, fiducia a Motta. Elkann, l’altro Hamilton è già in casa

Thiago Motta è e sarà ancora l’allenatore della Juventus. Fino al termine del campionato e con molta probabilità anche oltre: al Mondiale per Club e anche nel campionato che comincerà subito dopo. A meno di un crollo verticale o di un finale disastroso, al netto delle tante voci (non causali) e della possibilità di dover cambiare se non si arrivasse all’obiettivo della Champions League (ma a quel punto non salterebbe soltanto lui), l’allenatore ha incassato la vicinanza necessaria per rimanere concentrato sul proprio lavoro dal piano più alto della complessa e sofisticata struttura del club in cui lavora: la proprietà.
È bastato un contatto diretto tra John Elkann e Thiago per tornare in equilibrio rispetto a quanto la Juve ha pianificato l’estate scorsa: contestualizzate le brutte sconfitte dell’ultimo periodo – dunque l’uscita dalla Champions League e dalla Coppa Italia, come aver perso l’ultimo treno per tenere vivi i sogni minimi da scudetto – alla Continassa non c’è alcuna possibilità di distrarsi da quello che è l’unico percorso che giunge dritto alla porta principale della sostenibilità: il quarto posto. Che non è un obiettivo mimino e neanche un obiettivo massimo, ma quello che serve per dare seguito allo sviluppo che è stato pianificato a lungo termine.
Juve, Thiago Motta (Screen YouTube Dazn) – Sportitalia.it
Le chiacchiere stanno a zero. Come i tentativi di fuga di chiunque, nessuno escluso. Motta è come Leclerc: giovane, sfacciato e talentuoso. E deve solo comprendere che guidare la Juve è come tenere in pista una Ferrari: l’errore ti è concesso se dimostri di comprenderne il valore, al fine di non ripetertelo. Perché la Juve – che abbraccia tifosi di tutto il mondo perché deve emozionare, prima di tutto – spesso non fa classifica proprio come la Rossa: nella galassia dei sogni, ciascuno nel proprio, quei due mondi appartengono a un pianeta differente dagli altri. E come Leclerc è cresciuto nelle staccate quanto nella gestione nervosa delle prime curve, ora tocca Thiago far comprendere se vuole rimanere in pista.
Juventus, (Screen Youtube Dazn) – Sportitalia.it
Il paragone Juve-Ferrari non è avventato. Perché la visione è la stessa come le soluzioni di fronte ai problemi da gestire: Giuntoli, per esempio, è l’uomo di calcio più navigato che si potesse scegliere in questi anni di ricostruzione: d’altronde la sua carriera l’ha fatta principalmente con questo obiettivo, portando squadre da un livello A a un livello B, nel tempo necessario ma riuscendoci sempre. Tanto che non ha cambiato mille squadre e che ha avuto l’onestà professionale di lasciare appena concretizzato di aver raggiunto il punto massimo del proprio progetto. Sta a lui – capo della scuderia bianconera – dirigente con cura dal muretto e trovare il punto d’intesa più giusto con il proprio pilota, al fine di farlo rendere al massimo: la macchina l’hanno fatta insieme, ed insieme dovranno portarla al successo.
Ora: è chiaro che il calcio vive su dinamiche diverse dall’automobilismo. Ma sia chiaro a tutti che la Juve non è una società di calcio come buona parte delle altre: non vive sulla pancia di un presidente come alcune squadre (le vecchie proprietà in mano a presidenti in preda al proprio ego sono sempre meno) e neanche sui passaparola per interposta persona come in altre realtà in mano ai fondi. Qui – alla Juve – squilla il telefono e bastano poche parole della proprietà per comprendere che tutti hanno la massima libertà di scegliere come svolgere il proprio lavoro, ma nessuno può minimamente pensare di sfuggire alle proprie responsabilità.
Motta(screenshot YouTube) – sportitalia.it
Giuntoli conosceva i pro e i contro di lavorare con Motta: allenatore bravo, con grandi idee ma anche tanto spigoloso, a tratti rigido. L’allenatore col tempo – e con le prime esperienze negative – ha compreso pure che non portare la macchina all’arrivo corrisponde ad avere meno talento di quello che potrebbe mostrare sforzandosi di trovare feeling con la scuderia. E quest’ultima, la Juve, è consapevole che oggi la struttura è debole e deficitaria per vedere un salto di qualità sul breve periodo. A meno che non venga messo nelle condizioni di fare il proprio un Hamilton capace di trasmettere juventinità nei momenti in cui né l’allenatore né il suo direttore tecnico possono essere accreditati a difendere il proprio operato. In questo senso, Chiellini sarebbe il top: già in casa, capace e autorevole per spiegare i conti, per parlare di calcio e spiegare che la Juve non è come tutte le altre macchine. Qui le staccate devono emozionare e coinvolgere, e la pista è sacra quanto i risultati.
Giovanni Albanese

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