Calcio

L’Inter si è appena regalata il primo mercato dopo quattro anni. Al Milan ci vorrebbe un D’Amico?

Il passaggio ai Quarti dell’Inter, per quanto pronosticato e atteso, segna uno spartiacque con i quattro anni, anzi con le quattro estati appena trascorse. Perché ha certificato per l’Inter una soglia di incassi e guadagno in questa stagione, che con un campionato da primi posti, e con i soldi del Mondiale per Club (almeno della partecipazione, ma con la prospettiva di arrivare ai Quarti), garantiscono per la prima volta all’Inter la soglia per poter effettuare mercato vero.

E per mercato vero si intende la possibilità di fare investimenti a prescindere delle cessioni. Perché è sempre meglio ricordarlo, negli ultimi 4 anni, ovvero tutti quelli di Simone Inzaghi, l’Inter ha potuto solo andare o per svincolati, o investendo solo dopo aver venduto pedine preziose. E in entrambi i casi ha fatto un capolavoro.

E non è detto che di fronte a offerte vantaggiose non effettui altre cessioni, ma appunto che siano vantaggiose economicamente – Frattesi il primo candidato, a fronte di una offerta da 35 milioni.

Ma non c’è appunto l’esigenza di vendere per finanziare. Come non c’era stata l’anno scorso, dove però, a fronte di una seconda stella da record, a disposizione per il mercato c’era solo un obolo da 13 milioni per Pepo Martinez. A proposito: forse è il caso che tutti presentassimo le nostre scuse ad Ausilio per aver sottovalutato l’aver speso gli unici soldi per il portiere di riserva. Ha avuto ragione lui: si è creato un vuoto per l’infortunio di Sommer proprio nelle 5 partite più importanti della stagione tra Serie A, Champions e Coppa Italia, e la scelta di Ausilio ha permesso di proteggere gli sforzi dell’Inter nel momento più delicato.

E dunque l’Inter per la prima volta dopo 4 anni avrà un vero budget mercato a prescindere dalle cessioni. Ora, dimenticatevi i budget che hanno a disposizione Juventus e Napoli. Niente del genere, l’Inter non si può permettere di spendere 200 milioni in attesa che qualcosa rientri dalle cessioni come hanno fatto Gluntoli e De Laurentiis. Ma passare da 0 a un po’ è già parecchio.

Probabilmente il budget netto nerazzurro andrà fino ai 70 milioni a disposizione, sempre che gli affari ne valgano la pena. Sicuramente sui 50. Una situazione simile al Milan diciamo, con la differenza che un’offerta di 75 milioni per Bastoni o Barella difficilmente verrebbe accettata come il Milan ha fatto con Tonali. Un budget che poi si può come detto ulteriormente rimpinguare in caso di cessioni, fosse anche di giocatori da poco meno di una ventina di milioni.


Certo, con i prezzi del mercato odierno non puoi certo fare operazioni stratosferiche, ma l’Inter ha dimostrato di sapersi muovere in questo senso, e del resto è come bisogna stare al mondo se non hai il grande proprietario alle spalle pronto a metterci un sacco di soldi. Diciamo che sarà un budget che potrà consentire un paio di acquisti molto buoni, o uno molto buono e altri tre discreti in prospettiva. Nico Paz, Nico Paz, tutti chiedono Nico Paz. Ma l’Inter non ha il coltello dalla parte del manico. Sì il giocatore è già convinto a venire, ma è il meno. Il Real Madrid può riscattarlo a 9 milioni quest’anno, a 10 milioni il prossimo anno, o a 11 nel 2027. E il Como non ha alcun diritto di controriscatto. Poi il Real Madrid può decidere di lasciar fare al Como, e incassare il 50% di una futura rivendita. Che è giustamente quantificabile in 35 milioni, al momento. Il problema per l’Inter però è che il Como è la proprietà meno convincibile con il denaro in Italia. Letteralmente, nessuno in Serie A è ricco quanto il Como. Nemmeno la Juventus. Hanno solo deciso di spendere gradualmente. Ma una neopromossa che dopo 6 mesi di Serie A si può permettere in leggerezza di offrire 40 milioni al Milan per Theo Hernandez, e 6 milioni di ingaggio, pensate a quale potenziale da esprimere abbia. Dunque la strada verso Nico Paz per l’Inter è irta e sfavorevole. Sta facendo tutti i passi diplomatici giusti, ma non è detto che siano sufficienti. Bisognerà convincere il Real Madrid (ed in sé è difficile, visto che potrebbe anche convincersi ma applicando un diritto di riacquisto), e anche e non secondariamente il Como. E se il Real Madrid si farà convincere, a quel punto il Como direbbe di sì solo ed esclusivamente per cortesia personale verso il giocatore.

Dall’altro lato di Milano il problema è sapere chi lo farà il mercato. Della situazione interna ormai è stato scritto in lungo e in largo quanto sia un casino a cielo aperto. L’ultima parola è sempre stata di Furlani non in quanto Furlani ma in quanto amministratore delegato che è stato espressamente richiesto da Elliott che ha concesso il prestito a Cardinale, che al mercato mio padre comprò. Però c’è anche Ibrahimovic che rappresenta la nuova proprietà e insomma dalla scelta di Fonseca in avanti si procede nel fare finta che l’altro abbia la tua idea. In una situazione simile, che la parte sportiva sia un circo barnum non è il primo problema, ma solo la conseguenza. E francamente, con una situazione di proprietà simile, è estremamente possibile che il problema si trascini. Nel frattempo però c’è da scegliere l’allenatore, e scegliere ancora prima il dirigente dell’area sportiva. Incredibilmente è stata offerta la parte ad Andrea Berta, che già da 2 mesi ha firmato per l’Arsenal. E poi la giostra di nomi tra Paratici e Tare, tuttavia solo esaminati, ma verso cui non c’è mai stato un favore come per Berta. Ma quello che viene ritenuto al momento più adatto è Tony D’Amico, ds dell’Atalanta. Una scelta non definitiva, perché si pensa anche alla lunga militanza in una squadra di vertice da poter mettere sul piatto, e da quel punto di vista D’Amico è all’Atalanta solo dal 2022. Avrebbe le ‘caratteristiche tecniche’, ma manca quell’aspetto. Per questo al Milan ci si interroga se ci vorrebbe un D’Amico.

Tancredi Palmeri

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