Editoriale Calcio

Il fallimento di questo Milan, la pazienza del tifoso “Alfredo” e il 1998: ecco da dove ripartire

C’è un solo modo per salvare la faccia in una stagione disastrosa, che sul campo ormai non può più essere aggiustata: sfruttare la profonda crisi irrevocabile e renderla un’opportunità per sconfessare completamente ogni scelta fatta nella sciagurata estate scorsa. E’ quello a cui si sta pensando incessantemente nel triangolo Stati Uniti-Londra-Quarto piano di Casa Milan: nessun alibi, c’è solo da cospargersi il capo di cenere e dimostrare di poter, saper e voler fare diversamente. Fare determinate scelte poteva essere lecito, ma prendere atto di un fallimento che non ammette repliche è ciò che un gruppo di persone lungimiranti e intelligenti deve fare, senza alternative. Ciascuno ha la sua fetta di responsabilità e ne è evidentemente conscio: non si arriva in determinate posizioni per caso. Gerry Cardinale, brillante uomo di affari e filantropo, non ha bisogno dell’uomo della strada che lo rimproveri col ditino, pretendendo di insegnargli come si sta al mondo: sarà certamente cosciente dei propri errori di strategia e non ho motivo di dubitare che sia al lavoro per correggerli. Il più grande errore dal management del Milan (citofonare anche Giorgio Furlani)? Non voler comprendere che il calcio non è un’azienda qualsiasi.

Per il mercato del Milan di Gerry Cardinale potrebbe arrivare la svolta definitiva (Ansa Foto) sportitalia.it


Non solo: quello italiano, è ancora più “diverso” dagli altri. In alcuni aspetti, quelli coincidenti con un qualsiasi altro business, il Milan ha lavorato divinamente: lo sviluppo dei ricavi commerciali, la crescita del brand e l’eccellente lavoro sul bilancio hanno portato il Milan a essere il miglior club del continente per incremento del proprio valore. Fonte non Francesco Letizia, ma il rapporto “Football Benchmark” dello scorso maggio: +35,5%, davanti ad Arsenal, Benfica, Napoli e Real Madrid. +163% negli ultimi otto anni: numeri, inconfutabili. Ne volete altri? Il Milan è il club che ha registrato la crescita maggiore a livello internazionale nel quadriennio 2021-24, fonte BrandFinance Football 50 2024: fatti, non chiacchiere. Il problema però è che spiegare questi numeri ad Alfredo, lo storico e famoso tifoso “tipo” dell’intervista di Gerry Cardinale a GQ Sports di qualche mese fa, è comprensibilmente impossibile per la cultura calcistica italiana: facevi fatica a farlo lo scorso anno, secondi ma con la sfilza di derby persi, figurarsi quest’anno, dal basso – bassissimo – del nono posto e del fallimento totale. E’ sbagliato demonizzare gli indiscutibili successi finanziari, fondamentali per il futuro di un club sano come il Milan – grazie a RedBird e al lavoro della dirigenza rossonera – è oggettivamente.

Super colpo Milan, superato il Bayern (LaPresse) Sportitalia.it

E’ altrettanto sbagliato però sottovalutare che il volano di tutto questo è di matrice sportiva: se si va a picco in campo, il destino è di andare a picco anche in tutto il resto. Ma questa è forse la vera garanzia per i Milanisti: a differenza di un magnate singolo, che da un giorno all’altro può avere mille motivi per ridimensionare e chiudere i rubinetti, un fondo di investimento DEVE produrre utili, DEVE valorizzare l’assett e DEVE garantire degli standard qualitativi elevati. Non è il percorso che piace ai tifosi, che giustamente la metterebbero sul campo, sul giocatore in più o in meno, ma il traguardo dovrebbe essere esattamente lo stesso e tanto dovrebbe bastare.

Il Milan ha tentato lo sgambetto alla Lazio per Rovella (LaPresse) – Sportitalia.it

 

La macchina non ha palesemente funzionato con la politica 80% finanza anglosassone – 20% calcio internazionale – 0% calcio italiano? Proviamo a riequilibrarla. Salirà notevolmente la percentuale del calcio italiano: non aver preso un allenatore italiano di livello (Conte? De Zerbi? Gasperini? Allegri? Uno di questi per forza!!!) e non aver puntato su un paio di acquisti che sappiano quanto pesi la maglia del Milan sono stati la condanna “di campo” di questa squadra. Il nuovo direttore sportivo servirà a questo: arriverà di certo, ma è inutile oggi fare il “tifo” per tizio o caio, specie agitando la bandiera degli acquisti giusti o sbagliati in carriera. Il Milan di Ibra-Furlani-Moncada non ha un problema di acquisti sbagliati, che sono anche meno di altre realtà elogiate continuamente, ma di disciplina e professionalità nello spogliatoio, nonché di presenza politica fuori dal campo, in Lega, come con gli arbitri (imbarazzanti oltre ogni limite, cosa che non fa notizia quanto dovrebbe), come con le istituzioni. Serve una profonda ripulita – già iniziata a gennaio – a Milanello, dove i giocatori non ingrassano certo per via di RedBird, o escono la sera per colpa dei dirigenti, o commettono errori ridicoli per logiche aziendali: in campo, alla fine, ci vanno loro. I tifosi troppo spesso lo dimenticano. A chi tocca tenerli in riga? Certo, ad allenatore top e direttore sportivo di campo, torniamo sempre lì dove oggettivamente il Gruppo di lavoro di Casa Milan ha sbagliato. Ma il Milan a gennaio lo ha già dimostrato col mercato: sa ammettere i propri errori e correggerli, mettendo da parte la presunzione del voler aver ragione per forza. Non resta che aspettare che ciò avvenga anche in questo ambito: “Trust the process”, si dice in America. “Abbiate pazienza se potete” è la traduzione terra terra da fare a chi ama veramente il Milan e che oggi è genuinamente esasperato, con tutte le ragioni del mondo. Oggi è facile diventare preda di chi per interesse personale vuole sciacallare sulle difficoltà e fare in modo che venga buttato via tutto, anche ciò che di buono è stato fatto. Il rinnovo di Reijnders e quello in arrivo di Pulisic ne sono l’esempio: ripartiamo da qui, da grandi giocatori che dovranno prendersi più responsabilità in campo, ma soprattutto da Uomini seri, con la U maiuscola. A un anno dalla feroce contestazione dell’11 maggio 1998 (ben peggiore di quella di oggi), il Milan vinse lo scudetto, calmando le acque, ricompattandosi e rimboccandosi le maniche. 5 anni dopo, passando per un altro paio di rimpasti (Zaccheroni, Terim e solo infine Ancelotti), addirittura la Champions. Altro calcio, altro mercato (Rui Costa, Inzaghi, Nesta…) e altra proprietà, è vero. Ma forse anche e soprattutto, altri tempi, senza il livore dei leoni da tastiera dei social.

Francesco Letizia

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