Calcio italiano ridotto in macerie: dal 2018 una tragedia dietro l’altra

Sono tantissimi anni che il calcio italiano naviga in acque pessime sul piano finanziario. Ogni stagione falliscono diverse società tra C e D, ma anche nei piani alti il peso debitorio si fa sempre più insistente. Si parla da tantissimo tempo di riforme mai realmente effettuate. Andiamo a ripercorrere i disastri che hanno macchiato l’immagine del calcio italiano dal 2018 a oggi.

Tante tappe di disastri annunciati: il Pro Piacenza

– Rimembriamo il caso Pro Piacenza di febbraio 2019. Il club versava in condizioni economiche disastrose, dopo mensilità non versate ai tesserati, messa in mora e svincolo dei giocatori. La Lega dispose per il 14 febbraio l’obbligo di rientro in campo, pena la radiazione del club. E al Paschiero di Cuneo comparvero 7-8 ragazzetti presi dalla strada, alcuni dei quali nemmeno tesserati, costretti all’umiliazione domenicale. Annesso e connesso il selfie del massaggiatore della squadra, in piazza centrale a Cuneo, mentre s’apprestava a mangiare un panino prima dell’esordio tra i professionisti (concluso pochi minuti dopo per uno stiramento). Stiamo parlando di professionismo! Il 20-0 deve risuonare come una sirena giornaliera nelle orecchie di Gravina e compagnia cantante. Quante volte abbiamo sentito: “Basta casi Trapani, Pro Piacenza”? Puro esercizio retorico perché i fallimenti arrivano puntualmente ogni anno.

Ricordate il caos ripescaggi? Estate furente…

– Rimembriamo una delle più grandi commedie dell’assurdo dell’ultimo ventennio sportivo: il caos ripescaggi dell’estate 2018. In Serie B non s’iscrivono Cesena, Bari e Avellino. Il commissario Unico Federale, Fabbricini, accoglie la richiesta della Lega B per mutare il format del campionato, riducendolo a 19 squadre. Il motivo? La spartizione dei proventi televisivi e commerciali. Ricordo le immagini di Sportitalia dei calendari di B bloccati dalla FIGC durante il suo stesso svolgimento in diretta nazionale. Uno scempio, orchestrato da Fabbricini su assist di Balata, con il primo che modificò le noif (norme federali) al fotofinish, quando la linea temporale della regolarità prevedeva un anno di anticipo. E via di ricorsi e contro-ricorsi. Perché Pro Vercelli, Ternana, Novara, Siena e Catania versarono nelle casse federali pure gli ultimi centesimi dei milioni necessari alla presentazione delle domande di ripescaggio. In una graduatoria che non fu mai resa pubblica dalla FIGC.

– Rimembriamo la mancata riammissione della Virtus Entella alla Serie B 2018/2019. A favore dei liguri si pronunciò, con una sentenza, la Cassazione dello sport, il Collegio di garanzia del Coni, che il 19 settembre riammise i liguri in cadetteria, senza però che alcun organo federale ottemperasse la pronuncia. Un danno clamoroso per la società: il TAR spiegò che era passato troppo tempo dall’inizio del campionato, e che prevalse l’interesse della “regolarità del campionato”. L’Entella rimase ferma fino a novembre inoltrato, iniziando la Serie C con una decina di gare da recuperare. L’ultima delle quali, udite udite, (Piacenza-Entella, che era in programma a ottobre) calendarizzata ad aprile in barba alle norme federali che prevedono tassativamente che la gara d’andata si giochi prima di quella del ritorno. Fu tra l’altro un incontro decisivo per le sorti del campionato, che vide poi i liguri promossi in Serie B all’ultima giornata, dopo un’annata di assurde peripezie per le incomprensibili decisioni degli organi del calcio italiano.

Penalizzazione di 12 punti in arrivo per il club: fine della festa Serie A

– Ogni anno, in Serie C, rischiano di sparire decine di squadre che fanno il passo più lungo della gamba. Dal 2011 a oggi – nell’arco di poco più di dieci anni – sono tantissime le società di Lega Pro, militanti dunque nei campionati di Serie C (comprese Serie C1 e C2 fino al 2013/14) che non sono riuscite a iscriversi ai campionati e/o sono fallite per difficoltà finanziarie. Più di 80 (!) le società fallite e/o non iscritte al campionato, considerando solo chi ha partecipato alla Lega Pro (non quindi le retrocesse dalla Serie B o le promosse dalla Serie D).

Nel corso di queste stagioni sono stati ben 465 i punti di penalizzazione assegnati a 117 squadre complessivamente per inadempienze. Il passaggio ad una sola divisione sembrava poter appiattire i costi, ma i passivi accumulati sono sempre più consistenti. Il campionato quest’anno si è chiuso a 59 squadre, per la seconda stagione filata. Escludendo la stagione 2019/2020, rotta a metà dalla pandemia, è dal 2017 che la Serie C non si chiude con tutte le società che l’hanno iniziata.

– Serie C e Serie D, laboratorio di giovani? Oppure mercato dei giovani? Settori giovanili e squadre di giovanissimi in mano a tecnici che scorrazzano sui campi di allenamento con in mano tablet, block notes densi di appunti e schemi di calci piazzati, senza mai aver toccato un pallone in vita loro. Un folle immobilismo: società dilettantistiche spiegano a ragazzini delle scuole medie le marcature preventive, gli angoli sul primo palo, le uscite da dietro, l’avanzamento del baricentro.

Il riscontro empirico con la realtà il più delle volte stenta, e i giovani finiscono spesso ancorati a precetti teorici che sovrastano la componente pragmatica. La oscurano, la trascurano. Così si disperdono fucine di ‘possibili’ talenti.

Anche in questa stagione in Serie C sono diverse le squadre in difficoltà, alcune delle quali in procinto di essere escluse (non facciamo nomi, visto che ci sono indagini in corso). In D l’Albenga si è iscritta al campionato la scorsa estate con quali garanzie? Se lo chiedono tutti, anche nella cittadina del Savonese. Ora è arrivata l’esclusione, ma i disastri sono sotto gli occhi di tutti. Debiti su debiti, ragazzi mandati allo sbaraglio senza nemmeno il pagamento di vitto e alloggio. E’ questo il calcio italiano?

La competenza latita a ogni latitudine. Riforme paventate, estati passate a proclamare una Serie A a 18 squadre, una B spezzata in due, una C bacino di giovani, una D semiprofessionistica, un’astratta valorizzazione del prodotto.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: le leghe dei maggiori campionati europei viaggiano dieci spanne sopra all’ ‘italica altezza’. Ma un sussulto di dignità, ogni tanto, non servirebbe?

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