Lo manda Zlatan Ibrahimovic (Foto LaPresse) sportitalia.it
Zlatan Ibrahimovic, consulente di RedBird e dirigente del Milan, ha rilasciato un’intervista al periodico GQ Italia. Di seguito le sue dichiarazioni principali.
Sull’indossare il completo: “Lo avevo promesso alla squadra all’inizio: non mi vedrete mai in giacca e cravatta. E invece è cambiato tutto in fretta. Se mi piace mettere il completo? No, non mi sento a mio agio. Io sono l’atleta, uomo di sport. Ma ogni volta che mi vorrei vestire come voglio Ma lo capisco anch’io: oggi non mi vesto per rappresentare chi sono io. Mi vesto per il ruolo che ho: oggi rappresento il Milan, rappresento RedBird”.
Sul lavoro di squadra: “Anche qui il gioco di squadra è la cosa più importante di tutte. È quello che ho detto a Gerry Cardinale quando ho accettato di lavorare con lui. Gli ho detto chiaramente: ‘Non è più un one-man show. Non vengo qui per salvare nessuno. Se pensi che sia così, lasciamo perdere subito. Io non sono qui per salvare la situazione. Sono qui per imparare dagli altri e aiutarli a dare il meglio. Imparare. Aiutare. Teamwork'”.
Sul nuovo ruolo: “Ho detto a Gerry, sono probabilmente l’unica persona in quel sito che non è andata ad Harvard. Anzi: io vengo dalla strada. Lui si è messo a ridere. Dice che mi vuole anche per quello. È stato tutto merito di Gerry. Quando ho smesso di giocare avevo 42 anni. Mi sono detto: ‘Ascolta, devi essere realista. Devi accettare che non sei più quello di prima’. Il problema più grande, il vero problema che ogni calciatore ha, è proprio questo. L’ho accettato. E così ho trovato la mia pace. Da quel momento sono tranquillo. E quella era la parte più difficile”.
Sul ritorno al Milan da dirigente: “Nessuna sfida, niente. Mi sono detto: ‘Prenditi il tuo tempo. Guarda cosa succede. Rallenta. Abituati alla nuova vita’. E dopo tre mesi sono venuto a trovare i ragazzi qui al Milan. Ho parlato con Furlani, il CEO. Gli è piaciuta la nostra chiacchierata e mi ha detto: ‘Dovresti incontrare Gerry Cardinale’. Così l’ho incontrato e abbiamo parlato. Voleva sapere di più su di me, cosa voglio, chi sono. Conoscermi meglio. Poi mi ha detto: ‘Voglio che tu sia in RedBird. Non nel Milan. In RedBird. Voglio che lavori con il Milan. Porta la tua esperienza. Impara l’altro lato del calcio, quello che non vedi in campo. La finanza, i numeri, come funziona tutto’”.
Sulla nuova sfida: “Amo le grandi sfide. Quando faccio qualcosa deve essere una cosa gigante. Altrimenti non sento l’adrenalina, la pressione. E io ho bisogno della pressione. All’inizio ho detto no, non sono interessato. Anche perché quando il mio agente Mino Raiola è venuto a mancare, un paio di anni fa, avevo l’opportunità di entrare nella sua azienda, diventare un procuratore. Ci ho pensato. E sono stato chiaro con Gerry: ho detto, ascolta, ho questa opportunità, e ho anche quella che mi stai offrendo tu, ma in realtà non voglio nessuna delle due. E poi, cos’è successo? È stato Gerry, come ti dicevo. Lui spinge forte. Ora capisco perché ha successo: non molla mai. È il vero Wolf of Wall Street. Ottiene sempre quello che vuole. Alla fine, mi ha dato un’opportunità a cui non potevo dire di no. C’entrano i soldi? Non sono un dipendente del Milan. Io lavoro per RedBird. Ma la mia responsabilità è chiara: portare l’AC Milan dove gli spetta. Vincere”.
Sulla famosa frase che lui è il boss: “Ho fatto una battuta, una di quelle classiche, da Ibra, no? La prima volta l’ho detto in un’intervista in inglese, ma aggiungendo che era una battuta. Perché poi ho anche chiarito il mio ruolo di advisor, rappresentante della proprietà, tutto il resto. Ma ovviamente, quando ero giocatore, una battuta così veniva presa in un certo modo. Ora? Ognuno la interpreta come vuole”.
Sul nuovo ambiente di lavoro: “Non sono ancora abituato a tutto, osservo, imparo, accumulo esperienza. Dico la mia quando serve, ma se non mi sento sicuro, non vado a dire agli altri cosa devono fare nel loro campo. Se non è la mia area, mi fido di chi è davanti a me. Lui deve prendere la decisione giusta. Ma una cosa è chiara: io mi aspetto risultati. Il Milan non gioca per vincere una partita. Non gioca per vincere trofei. Il Milan scrive la storia’”.
Sulla mentalità vincente: “Sai come abbiamo vinto l’ultimo scudetto, quando giocavo? Con la mentalità. Non eravamo la squadra più forte, ma abbiamo vinto perché eravamo più forti mentalmente. È questo che cerco di portare, sempre. È diverso, ovviamente, a Milanello e a Casa Milan, perché quando vedo un calciatore, so cosa fare per motivarlo, so chi devo abbracciare, so a chi devo fare un sorriso, so chi devo guardare male, so con chi devo fare la voce grossa”.
Sulla famiglia Milan: “Quando abbiamo vinto la Supercoppa a Riyadh, quando eravamo in campo a festeggiare, la prima cosa che ho detto ai miei è stata: ‘Quando torniamo, portiamo il trofeo a Casa Milan. Facciamo una foto con tutti. Perché tutti hanno il diritto di vedere questo trofeo, non solo i giocatori’. Questa è la cosa più importante. Per questo, il nostro motto è ‘Winning Together'”.
Sul Milan: “Il mio ruolo non conta. Quello che conta è il Milan. Noi vogliamo che il Milan abbia successo. Tutto quello che facciamo qui, lo facciamo per il Milan. Non c’è ego, almeno per me. L’ho detto, non è un one-man show. Preferisco stare nell’ombra, non voglio nemmeno prendermi nessun merito. Io sono qui oggi, sono qui domani, ok. Ma dopodomani? Magari non ci sono più. Il Milan invece continua a esistere. E quando i media parlano di me? Non mi tocca. Per 25 anni da calciatore mi hanno attaccato ogni giorno. Perché? Perché ero il migliore. Che parlino bene o male, se parlano di te significa che sei in cima al mondo. E qui è uguale: tutti parlano sempre del Milan. Perché? Perché siamo i più grandi”.
Sul Milan di RedBird: “Il Milan è il club più famoso d’Italia. Noi rappresentiamo il calcio italiano nel mondo. Non abbiamo paura. Questa è la nostra forza. Facciamo quello in cui crediamo, senza paura, senza limiti, facciamo le cose a modo nostro. Non guardiamo gli altri. Andiamo avanti, sempre. Noi siamo il rock and roll. Puntando sempre ai risultati. Siamo la nuova scuola”.
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