Renato Veiga è un eccellente interprete del ruolo: giovane (classe 2004), molto tecnico, carismatico e altamente competitivo. Ha dato la carica allo Stadium in più occasioni, tra PSV e Inter, come se fosse della Juve da cinque o sei anni, invece è arrivato dieci minuti fa. In quell’abbraccio con Thiago Motta, storia di tre giorni fa, c’era un senso di appartenenza già consolidato e che gli fa onore. Ora, perdonatemi la polemica della serie “bisogna sempre dire ciò che si pensa”, ci sono due strade: avrò visto un’altra partita, anzi ne avrò viste due completamente diverse rispetto ai voti che hanno dato al portoghese nelle due ultime esibizioni in bianconero; oppure chi le ha raccontate, giudicando le prestazioni di Renato, si è distratto parecchio penalizzandolo non poco. Per me le ultime due esibizioni, tra Champions e campionato, sono state da 7 pieno entrambe: rare sbavature, un’intesa invidiabile con gente che fino a qualche giorno fa conosceva appena in cartolina, in entrambe le situazioni uno dei migliori. Invece, gli hanno dato al massimo 6, in qualche caso anche 5,5, davvero assurdo. Forse condizionati dai giudizi incredibili al mercato della Juve di gennaio: Kolo Muani, come segnalato, non andava preso per via delle commissioni, come se dovessero pagare loro; Veiga è stato ritenuto un optional ancor prima di vederlo giocare. Sono convinto che, prima di vederlo alla Juventus, in pochi avevano avuto il piacere (meglio: lo scrupolo) di assistere a qualche sua prestazione. Senza dimenticare che per portarlo a Stamford Bridge il Chelsea aveva messo sul tavolo un po’ di soldini, non certo bruscolini. Senza dimenticare un altro – non banale -dettaglio: ripartire da Veiga e Kolo Muani nella prossima stagione sarebbe un particolare non banale. La qualità al potere è l’unico discorso che conta, il resto meno di zero.
Ci sono belle pescate di mercato che vanno sempre rimarcate. Perché non è detto che occorra spendere 30 o 40 milioni per avere soddisfazioni. A Como c’è una proprietà che potrebbe permettersi di tutto e di più, ma che sta molto attenta a scaraventare soldi dalla finestra. Ci sono almeno due operazioni che vanno rimarcate, come se fossero un esempio per tanti, la forza delle idee. Nico Paz più Diao, una ventina di milioni per accendere il sogno. È vero che per super Nico il Real Madrid ha la possibilità di riacquistarlo a condizioni diverse, tenendo comunque conto che il Como farà di tutto per regalarlo a Fabregas. Ma è anche vero che tu hai rubato l’idea alla concorrenza, intanto acciuffando un signorino che ha dimostrato di poter dare un contributo enorme per una salvezza comoda e non affannata. Poi faremo i conti, compresi quelli che (nessuno dimentica l’Inter) vorrebbero mettere una bella pepita d’oro nel forziere di famiglia. Diao è un’intuizione fulminea come il suo modo di giocare: prende palla in velocità e succede sempre qualcosa.
“Pronto? Sono Cesc”: a Como funziona così, Fabregas si mette al telefono, li corteggia e li convince, ma poi serve chi è capace di andare fino in fondo per chiudere le trattative. Dispiace, ma il Parma ha scelto una strada diversa, puntando sui giovani non sempre in modo illuminato e non intuendo che a gennaio bisognava fare qualche iniezione di esperienza. Paga Pecchia: per carità, è uno scandalo in assenza di risultati, ma non si può dire che sia l’unico (e neanche il principale) responsabile. Chivu ha motivo di esistere perché sa lavorare con i giovani, ma sul resto bisognerebbe stendere un triplo velo: troppi errori nelle strategie e nella programmazione, peccato.
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