Avevamo parlato, una settimana fa di questi tempi, di quanto la sessione di mercato orchestrata dalla dirigenza del Milan avesse rispolverato il moto d’orgoglio del popolo rossonero, riportando il livello di qualità potenziale della rosa sugli standard che hanno da sempre contraddistinto la storia di uno dei club più blasonati del Mondo.
Avevamo aggiunto, come postilla, come dall’altra parte sarebbe toccato a Sergio Conceicao il compito per nulla semplice, di farsi demiurgo di una tecnica di quella portata, arrivando a farla convogliare ed esaltare attraverso dinamiche tattiche che potessero valorizzarla ai massimi livelli.
La notte di Rotterdam si è portata invece alle spalle una realtà che, per il momento, è decisamente diversa. Le aspettative che si portava dietro la presenza contestuale dei “quattro tenori” tutti in contemporanea, sembrava azzardata anche ad una prima sbrigativa analisi tattica. Specie in nome della complicata ricerca di un equilibrio che la avrebbe dovuta contraddistinguere. Di contro anche i più scettici erano stati convinti, probabilmente ipotizzando una review di quel leggendario Milan di Ancelottiana memoria che conquistò l’Europa ed il Mondo, lasciando sulle spalle del solo Gattuso il compito di correre per tutti gli eccelsi interpreti che venivano schierati al suo fianco.
Il contrasto con la realtà ha risvegliato anche troppo bruscamente dai sogni di cui sopra: mettendo in luce più che la leggiadra sinfonia di un’orchestra, un Pavlovic formato superman che ha turato falle che si aprivano ad ogni ripartenza avversaria, e soprattutto la testarda ricerca di manierismi da solisti che molto difficilmente possono avere la meglio in un gioco di squadra.
Anche se l’avversario è in disarmo, anche se ti ha ceduto il centravanti una settimana fa, anche se ha appena cambiato l’allenatore.
Il risultato del primo esperimento di convivenza è stato quello di soffocare, di fatto, anche l’affidabile concretezza di quel Pulisic che per distacco si era dimostrato alla stregua del calciatore più affidabile e trascinante della prima fase della travagliata stagione del Milan. Senza peraltro vedere valorizzato nessuno degli altri “primi violini”, da Leao a Joao Felix fino all’inoperoso Gimenez.
I limiti tattici sono stati eloquenti e saranno chiaramente oggetto di studio e migliorie da parte di un allenatore del pedigree e della preparazione di Sergio Conceicao, a patto che questo passaggio venga accompagnato da un cambio di atteggiamento globale da parte di un gruppo che, dichiarazioni del post partita alla mano, preoccupa principalmente per la sua tenuta mentale e per l’assuefazione alla cattiva prestazione che sembra avere sviluppato.
![Sergio Conceicao, allenatore del Milan](https://www.sportitalia.it/wp-content/uploads/2024/12/Screenshot_2024-12-30-21-07-38-96_0b2fce7a16bf2b728d6ffa28c8d60efb.jpg)
Poco convincente, a questo proposito, è stata la reazione del tecnico portoghese alla prospettiva di vedersi sollecitato dai colleghi presenti a Rotterdam per fornire spiegazioni dettagliate ed analitiche rispetto ai motivi che avevano portato ad un’altra notte europea da dimenticare, forse ancor più di quella di Zagabria. Soprattutto in nome della rivoluzione di mercato che era stata apportata all’organico rossonero, con i relativi meritatissimi complimenti e responsabilità che ne sono conseguiti.
Il nervosismo scatenato dall’attesa eccessiva, può essere accettato solamente in parte.
Analizzare costruttivamente le motivazioni alla base della debacle sarebbe stato decisamente più giusto, doveroso, e soprattutto rispettoso.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità. Deve capirlo il Milan, ed anche Sergio Conceicao.