La settimana di chiusura del calciomercato si porta alle spalle delle dinamiche che abbracciano il campo, ma che fanno soprattutto riferimento al piano della strategia, che sia comunicativa o operativa.
Un approfondimento in tal senso lo merita la conferenza stampa del Direttore Sportivo del Napoli Giovanni Manna.
Se da una parte è senza dubbio lodevole che da professionista si sia assunto ogni genere di responsabilità per l’insuccesso conclamato della sessione di mercato appena trascorsa, è altrettanto doveroso approfondire la questione legata ai dati di fatto ad essa collegati.
Ovvero che la squadra capolista del campionato abbia perso quello che lo stesso Manna ha identificato come il calciatore più rappresentativo della rosa messa a disposizione di Antonio Conte in estate, senza provvedere a rimpiazzarlo nella maniera più adeguata. E qui entra in gioco l’aspetto strategico/operativo al quale abbiamo fatto riferimento in apertura: perchè se da un mese prima dell’inizio del mese di gennaio, chi di dovere aveva compreso come non ci sarebbe stata apertura di alcun genere da parte di Kvaratskhelia e chi lo assiste alla prospettiva di rinnovare il suo contratto con il Napoli, sarebbe stato opportuno identificare e bloccare il sostituto migliore con tempistiche quantomeno contestuali alla cessione del georgiano.
E’ altrimenti del tutto inevitabile che qualsiasi società contattata da un’altra che ha appena incassato 70 milioni di euro, giochi il più possibile al rialzo per anche solo pensare di privarsi di un suo giocatore.
Così come è evidente che non arrivare alla fumata bianca con tutti i piani alternativi presi in considerazione sia da considerarsi alla stregua di un’aggravante che non verrà presa in considerazione solo qualora Conte dovesse riuscire a creare l’ecosistema di spogliatoio che sta consentendo ai partenopei di essere la squadra in vetta al campionato anche alla fine del torneo. In caso contrario, gli apprezzamenti del momento per l’assunzione di responsabilità potrebbero facilmente tramutarsi in critiche più oggettive.
Chi le critiche oggettive le ha tramutate con disinvoltura in entusiasmo è invece il Milan. La situazione di partenza era quella di una tifoseria disincantata e in aperto dissenso con la gestione prima ancora che con i risultati che il campo non stava offrendo.
Il mese di gennaio ha però ribaltato totalmente la percezione degli ambienti rossoneri, portandola a picchi di esaltazione finalmente degni del blasone e della storia dei colori rappresentati.
E poco importano le ragioni che hanno portato a questo cambio di strategia (ovvero il timore fondato di non prendere parte alla prossima Champions Leage), ciò che conta è che si sia verificato, avvicinando la squadra ai valori tecnici che sempre la hanno rappresentata nel corso della sua storia.
Ora starà a Sergio Conceiçao il compito di tradurre sul campo gli sforzi della proprietà ed il lavoro della dirigenza, una missione alla quale il portoghese non ha la minima intenzione di sottrarsi. Anche per meritarsi di essere alla guida delle prossime edizioni del Milan.
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