La nuova Juve regge su quattro principi. Per la prima volta Thiago Motta li ha fatti passare chiaramente da una conferenza stampa diversa dalle altre, meno confettata e più marchiata di quella juventinità che tanti tifosi vorrebbero riconoscergli molto presto. Ha fatto nomi, esempi e spiegato bene cosa fa la differenza nel momento delle scelte. Il primo principio che ha descritto senza girarci attorno è la disponibilità: la squadra prima dell’io, così che i risultati siano frutto di una convinzione collettiva e non soltanto di una fiammata personale. Il secondo principio, strettamente legato al primo, è la convinzione di poter essere sempre una risorsa. E dunque il terzo, la condivisione di un percorso che non è dettato dall’alto ma semplice conseguenza del lavoro. Così, emerge come Koopmeiners abbia dato disponibilità a fare anche il difensore centrale, se la squadra ne avesse bisogno. Come McKennie, che tornerà a fare il trequartista contro l’Empoli, ha accettato di buon grado di fare il terzino per diverso tempo.
Il quarto principio è quello dell’attaccamento. Alla maglia, sì, ma anche a tutto ciò che impone e caratterizza l’essere Juventus. Si è parlato tanto nell’ultimo periodo della mancanza di leader, o di quella personalità che idealmente riporta a esempi troppo semplici e nello stesso tempo troppo lontani da ciò che è oggi ogni componente della rosa della Juventus. È banale ricordare che in questa Juve non ci sono più i vari Buffon, Chiellini, Bonucci, Barzagli e il resto di quei nomi che fan diventare gli occhi lucidi per via dei bei ricordi. Chi chiede a Locatelli, Di Gregorio, Gatti e Savona di essere all’altezza di quei mostri sacri deve ricordare – con la stessa onestà intellettuale – che i percorsi hanno bisogno tempo ed esperienza. E che i ricambi generazionali vanno pianificati e alimentati nel tempo, in tempo e col tempo necessario. La Juve paga oggi un buco generazionale in quello zoccolo duro italiano che ha sempre contraddistinto la sua storia, in ogni epoca. Di questo i giocatori di oggi non hanno responsabilità, anche se ne reggono la pressione.