Editoriale Calcio

Riyad grazie a Theo e Rafa: ora tocca a G&G

L’apoteosi di Riyad è ormai alle spalle: il derby vinto in Arabia Saudita vale molto più di una Supercoppa. I Milanisti sono abituati a 7 Champions League e non avevano bisogno di questo trofeo per riempire una bacheca già straripante a Casa Milan: una meravigliosa stanza intera, non un tavolino con due led per fare scena.  Ora è il momento di guardare avanti: Cagliari, Como, Juve e Champions. In 12 giorni ci si gioca tanto, tantissimo.
LA RINASCITA DI THEO
Finalmente tu, Theo Bernard François Hernández. Quando raccontavamo dei problemi  di TH, abbiamo sempre fatto una premessa fondamentale: dentro la sua testa, ci sono mille meccanismi tutt’altro che secondari e che partono da molto lontano, molto più lontano del Milan. Per esempio, la necessità di trovare costantemente figure di riferimento per la sua quotidianità: un tempo, Paolo Maldini e Stefano Pioli come “padri”, Brahim Diaz e Samu Castillejo come “fratellini”. Senza voler rincarare la dose, né distribuire colpe, è oggettivo che con Paulo Fonseca non fosse mai scattata la scintilla. E questo, insieme a qualche vicissitudine fuori dal campo, aveva portato Theo a chiudersi un po’ in se stesso. In una settimana, è cambiato il suo mondo e di conseguenza anche quello del Milan: merito di Sergio Conceiçao, un uomo che per quanto ha sofferto nella sua vita e per come ha saputo riscattarsi, può capirlo meglio di chiunque altro. Sergio ha perso il papà da adolescente, in un incidente; Theo è stato abbandonato da bambino. Ma come il portoghese ha saputo aggrapparsi all’amore della sua Liliana per costruirsi una splendida famiglia, così Theo con Zoe, Theo Jr e la nuova principessa di papà in arrivo: forse la sintonia immediata tra i due parte anche da lì, oltre che dall’intelligenza di Conceiçao nel saper gestire i suoi campioni. E se Theo oggi sorride e festeggia sulle spalle di Morata (non a caso, un’altra persona dalla grande profondità d’animo), il futuro è più roseo: l’obiettivo è tornare il migliore del mondo e firmare quantoprima (presto, prestissimo) il rinnovo di contratto con l’unica squadra che ama, l’AC Milan.
FARLOCCO A CHI?
Un’altra storia, lo stesso amore. Rafa Leao è un giocatore meraviglioso: inutile fare le graduatorie, se sia il più forte o meno della Serie A o anche solo del Milan, visto che le alternative non mancano (Pulisic su tutti). Ma un concetto deve essere chiaro: criticare Rafa, la sua discontinuità e la sua classe espressa a corrente alterna, deve essere un esercizio permesso esclusivamente a chi porta il Milan nel cuore e sa farlo con il giusto tono e la sensibilità che serve. Se un Milanista “pizzica” Leao, lo fa per spronarlo, per fargli sistemare “quelle due-tre cosine” che possono renderlo “il migliore del mondo” (cit. Conceicao), perchè ricorda la cavalcata con la Fiorentina, la partita col PSG, le volate a Reggio Emilia e ora anche i miracoli di Riyad. Ma chi non sa niente di Rafa, non si azzardi a straparlare di lui per fare tre click in più. Di “farlocco”, molto farlocco, c’è solo il mito costruito da qualcuno, di una presunta carriera di alto livello, ma in realtà fallimentare in ogni sua esperienza, dentro e fuori dal campo: chiedere a Totti, Capello, Allegri per conferme, ammesso che ce ne sia bisogno, visto che in realtà tutti, nel mondo del calcio, che non è quello dei social, sanno di cosa e di chi si sta parlando.
LA SVOLTA DI GIORGIO

Nei festeggiamenti di Riyad, non è passata inosservata la modestia con cui Giorgio Furlani ha lasciato i riflettori a tutti gli altri, Zlatan Ibrahimovic incluso. Eppure, la firma del CEO sul trofeo è indelebile: solo per fermarci alle scelte più recenti, il cambio di allenatore, le scuse pubbliche di Zlatan e la maggior presenza della dirigenza al fianco della squadra, sono tutti tasselli che fanno parte di una strategia di cui l’amministratore delegato è il principale artefice. Ma Furlani non ha bisogno dei riflettori, anzi: preferisce parlare la lingua del fare, non dell’apparire. E così il suo lavoro prosegue con impegno e dedizione: il bilancio vola, anche grazie alla decina di milioni incassati dopo la finale e soprattutto all’enorme ritorno di immagine di una partita vinta in quel modo, in uno stadio che tifava solo Milan. La prossima sfida quindi riguarda il fatturato, in un bilancio che non potrà più contare sulla maxi plusvalenza Tonali: a maggior ragione è fondamentale, da qui a giugno, centrare gli obiettivi sul campo. Quarto posto (anche se potrebbe bastare anche il quinto) in campionato e quanta più strada possibile nella nuova Champions League: in particolare il fronte europeo garantirebbe un margine notevole di “vantaggio” rispetto all’ultimo anno, visto che l’avventura del Milan nella scorsa stagione era finita ai gironi (ed era stata altrettanto deludente in Europa League).

 

IL MESE DI GEOFF
E allora, a maggior ragione, servirà aiuto dal mercato, eccome. Rinforzi immeditamente spendibili, che diventino un fattore sin dal loro esordio: no alle “pezze” per fare numero, oppure alle scommesse troppo pericolanti. Sarà importante capire probabilità e condizioni di uscita di Noah Okafor, prima di fare i conti per le entrate in attacco: il nome di Rashford è certamente caldo quanto suggestivo, ma far quadrare le cifre non è semplice. Al momento, trovare una soluzione veloce è una priorità del giocatore e del Manchester United più che del Milan, che incontra, parla e propone, ma che sa benissimo di avere il tempo dalla sua parte. Come d’altronde, anche per Dani Olmo e Kolo Muani: situazioni diverse tra loro, con lo spagnolo impegnato in una battaglia legale che il Barça non vuole mollare fino all’ultimo e il francese al centro della volontà del PSG di rientrare dell’investimento pesante fatto un anno e mezzo fa, pur non avendo offerte. Un domino di pedine di lusso in sconto può partire tra Barcellona, Manchester e Parigi: Geoffrey Moncada lo sa molto bene e, come un esperto scacchista, aspetta la mossa giusta.
Francesco Letizia

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