Per il bene dell’ AC Milan, l’unica cosa che conta

Le scuse di Zlatan Ibrahimovic rappresentano un “unicum” nella sua carriera e forse nella sua vita. Per questo, non possono passare inosservate: Ibra ci ha messo la faccia, esattamente come chiedevano, anzi pretendevano, a ragion veduta, i tifosi del Milan. Spero non sia vietato dalla polizia della demagogia, da quelli che cercano il like facilissimo sui social e per questo parlano di tutto, sottolineare la prima mossa giusta del Boss, da settembre a oggi. Se sì, mi scuso. A proposito: prima di commentare la professionalità di un’intera sala stampa, che avrebbe, a detta di qualcuno, dovuto lasciare la conferenza, visto che Ibra non era a disposizione per domande, bisognerebbe contare fino a cento. In primis, per il rispetto di una ventina di uomini che il 31 dicembre, giorno prefestivo, erano a Milanello a fare il proprio lavoro, e non a passeggio o a tavola. Poi, perché tra chi segue il Milan ci sono fior di professionisti: veterani con decenni di battaglie sulle spalle  e giovani promettenti, spesso e volentieri anche sottopagati, che passano  le loro giornate sul campo con dedizione e passione. Nessun regime, trattasi di saper fare il proprio lavoro con spirito di collaborazione, nel rispetto delle esigenze di tutti (e non solo dei soliti noti 2 o 3), cosa che purtroppo evidentemente nel 2025 alcuni non hanno ancora imparato a fare.  Solo quando si vive a pieno una realtà, con i normali pregi e difetti del caso, conoscendo personalmente la società, dal CEO all’ultimo stagista, ci si può permettere di parlare con cognizione di causa: chi sta a casa e non mette piede in una conferenza stampa da decenni, o chi non ha alcun contatto con i dirigenti del Milan, non si preoccupi… Le nostre schiene stanno benone e i nostri direttori apprezzano il nostro lavoro.

Messo il punto a queste pelose polemiche pretestuose, la scelta di Sergio Conceiçao dimostra che il Milan ha capito i suoi errori e prova a riparare: l’ex Porto rappresentava già la scorsa primavera la “prima scelta-bis” e già a fine aprile si sentiva l’allenatore del Milan. Poi mille peripezie hanno portato  definitivamente a Fonseca: compreso che Paulo non avrebbe potuto più invertire la tendenza, il Milan non ha avuto dubbi. Il dossier era così tanto approfondito che il nome è venuto naturale. E l’italiano perfetto di Conceição, rispolverato come se avesse smesso di giocare in Serie A ieri e non 20 anni fa, alimenta un po’ il sospetto che tutto fosse già scritto da molto prima.  Il campo darà le sue risposte, ma se si accusava proprietà e dirigenza di essere troppo passivi al momento, ora la scossa c’è oggettivamente stata: vedremo se sarà quella giusta.

Tutto insomma segue un sottile filo rossonero: quello del pentimento. Se Ibrahimovic (per Gerry Cardinale), Furlani e Moncada fanno dei passi indietro, forse è arrivato il momento che anche i tifosi gliene diano atto e si siedano virtualmente a “negoziare” una pace indispensabile. Fare la guerra a RedBird a oltranza, senza aprire il cuore all’ipotesi di ricomporre gradualmente la frattura, significherebbe essere tifosi più delle proprie idee che del Milan. Un errore imperdonabile, che un popolo eccezionale come quello rossonero non può permettersi per nessun motivo al mondo. Ci vorrà tempo, ci vorranno fatti oggettivi, concreti, e non chiacchiere, da parte della società. Ma ricompattarsi il prima possibile è l’unica via d’uscita. Per il bene dell’ AC Milan, l’unica cosa che conta.

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