Antonio Zappi ha ufficializzato a novembre la sua candidatura alla presidenza dell’Associazione Italiana Arbitri (AIA), in vista delle elezioni del prossimo 14 dicembre, sfidando Alfredo Trentalange.
La redazione di Sportitalia lo ha contattato in esclusiva per chiedergli di più in merito al suo programma qualora venisse eletto.
Tra i propositi contenuti nel suo programma, quali ritiene siano i più essenziali e prioritari?
“Una delle novità più significative sarà l’istituzione di una direzione tecnica, una figura già consolidata in altre discipline sportive. Questa collaborerà con il Comitato Nazionale, e gli Organi Tecnici per garantire uniformità nei progetti tecnici dal settore giovanile alla serie A e per selezionare i migliori tecnici per i ruoli dirigenziali. È fondamentale tracciare una chiara separazione tra politica associativa e attività degli organi tecnici, per evitare interferenze che possano compromettere la credibilità tecnica e le carriere arbitrali. Inoltre, chiederemo che l’AIA ottenga una piena autonomia gestionale, indispensabile per concretizzare la propria indipendenza tecnica. Solo così potremo garantire e preservare la terzietà degli arbitri, a tutela dell’intero sistema calcistico”.
In alcune sue precedenti interviste, ha dichiarato di essere favorevole all’introduzione del VAR a chiamata e alla pubblicazione in tempo reale dei dialoghi tra VAR e arbitro. Può approfondire il suo pensiero?
“Ogni modifica in questo ambito dovrà essere ovviamente concertata con le istituzioni preposte alle modifiche regolamentari, gli organi tecnici e con la futura direzione tecnica. Detto questo, ritengo che il più grande fallimento dell‘uso della tecnologia sia quando il protocollo VAR limita la possibilità di correggere quello che per la maggior parte delle persone rappresenta un errore arbitrale. Provenendo professionalmente dal contenzioso tributario, conosco bene il principio del contraddittorio e vorrei vederlo applicato anche in ambito calcistico: chi ritenesse di aver subito un torto ha il diritto di far valutare le proprie ragioni. Il VAR a chiamata (Challenge) risponderebbe a questa logica, offrendo alle squadre un’opportunità di verifica. Inoltre, rendere pubblici i dialoghi tra VAR e arbitro consentirebbe ai tifosi di comprendere il processo decisionale. Potrebbero non essere d’accordo con il giudizio finale, ma non avrebbero motivo di dubitare della buona fede e della trasparenza degli arbitri”.
Con lei alla guida, il percorso avviato da Rocchi, che analizza settimanalmente i casi più controversi in televisione, proseguirebbe? Come intende migliorarlo?
“Il progetto “Open VAR” è una strada giusta e necessaria. Sotto la mia guida, punterei a un’ulteriore apertura verso i media e a un rafforzamento della comunicazione. Mi piacerebbe che l’AIA creasse un canale tematico per diffondere contenuti didattici in modo strutturato e continuo.Dobbiamo far comprendere che gli arbitri non sono distruttori di sogni, ma professionisti che lavorano duramente per applicare le regole e garantire giustizia sportiva. Il loro impegno è frutto di anni di preparazione tecnica e umana, e questa realtà deve essere comunicata con maggiore efficacia”.
Sul tema della violenza contro gli arbitri, questo fine settimana abbiamo assistito allo sciopero delle giacchette nere del Lazio. Qual è la sua opinione e quali misure concrete prevede per affrontare questo grave problema?
“L’AIA non è un’organizzazione sindacale e non indice scioperi. Tuttavia, come componente tecnica federale, abbiamo segnalato con fermezza la gravità di quanto accade non solo nel Lazio ma settimanalmente in tutta Italia. La risposta dell’ Associazione di concerto con la FIGC è stata chiara: la violenza non è accettabile e, quando necessaria, può fermare le competizioni. Gli arbitri non possono diventare bersagli della frustrazione di pseudo-tifosi o, peggio, di tesserati. Nel mio programma elettorale, sono stato chiaro: non solo l’AIA sarà ad intervenire, ma la FIGC e la LND dovranno escludere dai campionati le squadre che si rendono responsabili di episodi di violenza ripetuti”.
Come intende valorizzare la formazione e l’aggiornamento degli arbitri, soprattutto nelle categorie giovanili e minori?
“Investiremo in una scuola arbitrale innovativa, che non si limiterà alla preparazione atletica e tecnica, ma fornirà strumenti per gestire gli aspetti psicologici e caratteriali della professione. Fare l’arbitro significa essere un gestore di risorse umane in contesti spesso ostili e conflittuali. Un bravo arbitro deve essere tecnicamente preparato, ma anche capace di mantenere lucidità e prendere decisioni in situazioni di forte stress. Aumenteremo inoltre la mobilità dei giovani arbitri, permettendo loro di confrontarsi con realtà diverse, sia nazionali che internazionali. Rafforzeremo il progetto “Erasmus arbitrale”, che ho ideato due anni fa, e che ha già permesso a oltre 170 giovani arbitri di dirigere gare in Europa e negli Stati Uniti, acquisendo esperienze preziose per la loro crescita tecnica e culturale”.