Juve, i principi di Thiago più forti delle difficoltà (e delle chiacchiere da bar)

Sono in tanti a parlare di calcio moderno, in pochi a riconoscerlo giudicando le scelte con paradigmi antichi, vecchi e superati. La Juve si presenta a Lecce con cinque giovani per affrontare l’emergenza infortuni e lo fa grazie alla coerenza di Thiago Motta nel suo principio di meritocrazia. Qualcuno si chiede perché non abbia fatto lo stesso contro il Milan e contro l’Aston Villa, ma la motivazione è banale quanto ficcante: in avvicinamento alle precedenti gare l’allenatore aveva deciso di non coinvolgere alcun giovane in allenamento, di conseguenza non aveva allargato la lista dei convocati giusto per far numero; nell’avvicinamento al Lecce ha invece convocato in allenamento 5 giovani (Owusu e Papadopoulos dalla Next Gen; Pugno, Pagnucco e Montero dalla Primavera) e così li ha porta alla gara per cui hanno lavorato negli ultimi giorni, senza creare alcun problema a Brambilla e a Magnanelli che – a loro volta – hanno preparato le partite delle loro squadre con degli altri giocatori. Un giovane solo così è al centro del progetto e non un riempitivo: la convocazione più ambita dev’essere quella per l’allenamento e non per scaldare una panchina qualunque giusto per l’illusione di esserci.
Il rispetto nei confronti del lavoro quotidiano nel coinvolgimento dei giovani è un messaggio forte, che si estende a ogni componente del gruppo prima squadra. In questo momento c’è un problema palese nella gestione degli infortuni ed è chiaro che tutti debbano dare qualcosa in più per affrontare il momento. Anche perché – tra gli indisponibili – c’è anche chi dovrebbe mostrare un senso di appartenenza all’altezza della propria dimensione in squadra. Un esempio su tutti: Vlahovic è assente dalla ripresa della sosta per un leggero affaticamento, forse troppo poco per saltare il Milan, l’Aston Villa e ora anche il Lecce. Di fronte al momento di grande difficoltà, tutti devono dare di più e i leader devono essere leader veri: per questo è lecito aspettarsi un cambio di passo anche da Danilo, capitano di una Juve che fin qui lo ha visto in campo poche volte ma che ora ha bisogno di lui. Pensare a dare il massimo sempre, anche nei momenti difficili, è il primo passo per costruire una squadra forte: saper soffrire è un valore, che può consolidare una base di consapevolezza futura. La Juve a Birmingham ha fissato pure un nuovo record in Europa schierando la squadra con l’età più bassa in Champions.
Scegliendo Thiago Motta, Giuntoli ha voluto dare un taglio netto al passato per dare forma a qualcosa di nuovo. Il direttore tecnico della Juve arriva dalla gavetta, ha scelto un allenatore come che – come lui – non guarda in faccia a nessuno ma bada al sodo soltanto per il bene del club. È chiaro che il confronto col passato sia diventato l’ultimo passatempo dei detrattori, ma il tifoso della Juve oggi deve solo badare a quali sono gli effetti della costruzione. Il club l’estate prossima ha fatto il possibile per mettere l’allenatore nelle condizioni di lavorare a modo suo, dandogli il supporto massimo anche nelle scelte forti. In pochi mesi, quei tanti giocatori che l’estate scorsa erano delle incognite rappresentano delle certezze: Di Gregorio e Kalulu sono stati accolti col beneficio del dubbio; Locatelli e Weah descritti non all’altezza della Juve; e – se ai confronti ci si vuole affidare – si faccia anche quello tra il primo anno di Miretti e Soulé in prima squadra e quello attuale di Savona e Mbangula. Giuntoli non sarà stato perfetto sul mercato, gli infortuni hanno reso complicata la gestione della rosa e forse anche Thiago Motta avrà sbagliato qualcosa nei primi mesi della stagione, ma questa Juve è unita e sa cosa vuole: come in altre occasioni storiche in cui dalle difficoltà è nata una grande squadra.
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