In una sosta per le nazionali balzata agli onori delle cronache come “killer” calcisticamente parlando, per via dei tanti problemi fisici che hanno falcidiato le rose della nostra Serie A, c’è una squadra che da quel punto di vista sembra avere sviluppato un deciso passo in avanti rispetto ai tempi recenti. Si tratta del Milan. Ricordate i tempi della rosa rossonera decimata da problemi muscolari in serie, con il contestuale dissenso dell’opinione pubblica per la situazione di emergenza tutto sommato costante che la squadra si trovava ad affrontare? Ecco, nulla di più lontano da una realtà delle cose attuale che racconta della totalità dei calciatori a disposizione di Fonseca. A parte il lungodegente Florenzi, infatti, i rossoneri hanno dovuto preoccuparsi solo della contusione che ha rimediato Theo Hernandez con la Francia, ma che non lo mette a rischio in vista del big match di domani. Segno che, oltre alle legittime critiche dal punto di vista tattico per un equilibrio ancora da ritrovare, ci sono anche aspetti di questa gestione che meritano di essere apprezzati e valorizzati: gestione del turnover compresa. Soprattutto in riferimento al passato. Chi non ha sostanziali problemi dal punto di vista degli infortuni è Simone Inzaghi con la sua Inter. A onor del vero la preparazione del tecnico dei nerazzurri anche in passato non aveva registrato bilanci di infortuni muscolari particolarmente preoccupanti, e questa stagione si sta mantenendo su quegli stessi standard al di là di quanto accaduto a Calhanoglu ed al recupero a singhiozzo del suo sostituto Asllani. L’ultimo vero paradosso, la sosta l’ha espresso grazie al Genoa ed all’inopinata scelta di esonerare Alberto Gilardino. Un tecnico in grado di riportare i rossoblù nella massima serie dopo averli presi a metà stagione, e di salvarli con disinvoltura alla prima esperienza nella massima serie. Ai chiari di luna di quest’estate, quando la squadra gli fu smontata pezzo dopo pezzo nonostante le promesse in sede di rinnovo, aveva risposto dando fiducia ai propri interlocutori in nome della passione per il popolo genoano e della riconoscenza nei confronti di chi gli aveva concesso quell’opportunità. Tutto il resto di quanto accaduto nell’ultima settimana, esula dalla sfera del razionale per quanto riguarda la gestione di un club di calcio. Senza nulla togliere a Vieira, per il quale il giudizio insindacabile sarà quello del campo, l’impressione concreta è che si stia letteralmente navigando a vista.
Per averne piena contezza è sufficiente il raffronto con la lunghissima lista degli indisponibili alla quale dovrà far fronte Thiago Motta. La componente sfortuna ha indubitabilmente inciso, ma qualche approfondimento per il futuro andrà fatto.
Il vero paradosso nerazzurro è quello di chi, tra i sostenitori dei Campioni d’Italia, riesce a mettere in discussione Lautaro Martinez. Se il campionato italiano può annoverare una ristretta cerchia di fuoriclasse di livello assoluto, uno è certamente il capitano dell’Inter. Graduatorie del Pallone d’Oro a parte, l’argentino è stato in grado di dimostrare con i fatti la sua capacità di avere unito la crescita dal punto di vista del rendimento sul campo, a quella mentale propria di un leader “vecchio stampo” all’interno dello spogliatoio. Punto di riferimento per il gruppo, e con il medesimo atteggiamento di sacrificio e di valorizzazione del “bene comune” sia che stia attraversando un momento prolifico a livello personale, sia che stia percorrendo un periodo di polveri bagnate come all’inizio della stagione. Chi parla di scarso attaccamento, o di discorsi assimilabili a questo, semplicemente si esprime come se l’unità di misura attraverso cui snocciolare valutazioni sia semplicemente quello statistico. Nulla di più lontano dalla realtà: Lautaro Martinez è un fuoriclasse, e non ci sono dubbi che tornerà a dimostrarlo con continuità anche sul campo oltre che fuori.