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Editoriale Calcio

Cosa c’è veramente dietro i dolori di Theo e quanta colpa ha il Milan

Il nostro Capitano. Può portarla chi vuole la fascia, ma da anni, probabilmente dalla stagione dello scudetto, il popolo rossonero non ha mai avuto dubbi: Theo Hernandez è il giocatore che più di tutti unisce ed esalta, meritando un affetto e una stima che va oltre il campo. Quel giorno, contro l’Atalanta, San Siro sembrava la Bombonera e ballava: chi c’era, non lo dimenticherà mai. Che qualcosa però si sia rotto, mi dispiace, è necessario farlo presente: sempre più tifosi, ormai la maggioranza, in questi ultimi mesi, iniziano a stancarsi dei “dolori” del – non più – giovane Theo. Quei dolori di cui ha parlato anche Didier Deschamps qualche giorno fa: “stanchezza psicologica” l’ha chiamata anche il ct. Una spiegazione però che non soddisfa il tifoso del Milan, anche e soprattutto vista la situazione contrattuale e il rinnovo tutto da discutere. Facciamo allora chiarezza su diversi punti, iniziando dal principio dell’avventura di Theo al Milan. Theo Hernandez arriva al Milan su segnalazione tecnica esclusiva di quell’incompetente di Geoffrey Moncada, quello che sa prendere solo giocatori scarsi: il resto dell’allora gruppo di lavoro – sì, perché fatta eccezione per l’estate del 2022 il Milan di Elliott e di RedBird ha sempre lavorato in gruppo, esattamente come oggi – è anche un po’ scettico, perché il giocatore ha fatto 2 gol in 3 anni, non eccelle in difesa e non si è affermato al Real. Prende informazioni da diverse fonti, vedere il post di Morata sotto i complimenti di Maldini a Theo: “Vi avevo consigliato bene”. E decide, rassicurato dai feedback positivi e dall insistenza di Moncada, di incontrare il giocatore, che ha anche il Bayer Leverkusen sul tavolo: nell’incontro a Ibiza, la presenza di Paolo Maldini è chiaramente una carta decisiva per la fumata bianca. Poi Elliott, che non tira mai fuori un euro, paga il conto: 20 milioni di euro sull’unghia al Real. Il viaggio al 2019 è necessario per sfatare un paio di miti: Theo Hernandez è un prodotto del Milan, del Milan di ieri e di oggi. Volerlo ergere a simbolo della solita e inutile propaganda pro Tizio e anti Caio è l’ennesima operazione meschina e in malafede di una serie che sta dilaniando il mondo dei tifosi rossoneri. Raccontare che Theo ha il muso perché non c’è più Maldini o che il gruppo di lavoro non ne abbia a cuore il suo futuro è raccontare barzellette. Anzi, è servire polpette avvelenate. Da qui allora andiamo rapidi ai fatti e alle prospettive: cos’ha Theo e che fine farà? Theo è fatto così ed è sempre stato fatto così, prendere o lasciare. È spigoloso, lunatico, incostante, anarchico, a volte sfuggente. Ma anche, quando vuole, effervescente, mattatore, trascinatore, affettuoso, leader. Le sue stanchezze, i suoi alti e bassi, fanno parte del personaggio e soprattutto fanno riferimento pressoché integralmente alla sua sfera intima, alla sua vita privata e al suo carattere. E come ogni essere umano, si riflettono anche sul lavoro, cioè sul Milan. Quel Milan che considera Theo un patrimonio e un gioiello da preservare, vedi il rifiuto a voler parlare di cessione la scorsa estate. E il rinnovo? Ve lo abbiamo raccontato settimane fa, quando l’agente tuonava “non sento nessuno da mesi”: il Milan non ha mai smesso di voler rinnovare – alle giuste cifre – il contratto di Theo e non ha mai smesso di parlare col giocatore in maniera produttiva. E a Madrid, pochi giorni fa, anche con l’agente. Insieme,  c’è la volontà di prolungare, ma c’è anche da lavorare e da tenere presente tutte le criticità di cui abbiamo parlato. Lo si farà e si arriverà a un punto nei prossimi mesi. Anche perché, un ragazzo così particolare, sa di dover prendere in considerazione diversi aspetti: il Bayern lo vuole, ma basterebbe chiedere al fratello com’è stato trattato per fare 2+2. A Parigi ammiccano, ma oltre alla presenza di Lucas c’è poco altro: in Francia, Theo non è né leader né simbolo e il PSG è tutt’altro che una squadra migliore del Milan. Al Real si sistemeranno con Alphonso Davies. L’Inghilterra non sembra terra né da Theo né da Zoe. Insomma, sulla carta la road map è tracciata e potrebbe forse diventare più serena di quanto non possa sembrare. Chi vivrà, vedrà. Sul finale a lungo termine però, comunque vada, c’è da star sicuri: il Milan dei cattivissimi Cardinale, Ibrahimovic, Furlani e Moncada, non lascia indietro niente e nessuno. E pensa sempre, ogni giorno, a come diventare più forte, crescere e vincere. Magari con Theo Hernandez da capitano.

Francesco Letizia

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