Alla fine si torna sempre ai numeri. Perché le opinioni sono ondivaghe, nascono dalle percezioni e, quindi, rimangono per loro stessa natura sindacabili. I numeri non mentono mai. Sono la misura della realtà. Alle Finals di Torino Jannik Sinner è diventato Maestro e Re, anche se la corona non la cede da 24 settimane consecutive. E che non cederà almeno fino a dopo l’Australian Open di gennaio, primo slam della nuova stagione. Quasi 4000 punti oltre Zverev, secondo nel ranking, e quasi 5000 oltre Alcaraz, terzo, sua vera nemesi e ad oggi forse unica. Sinner ha chiuso le Finals senza concedere neanche un set, perdendo appena 33 game in tutto il torneo.
Con Fritz ha messo a referto 14 ace, ha vinto 10 game su 10 al servizio e ha portato la percentuale di punti vinti con la prima all’83%. Ancora numeri: 8° trofeo stagionale – il 9° se consideriamo anche l’esibizione di Riad –, arrivato con la 70esima vittoria in un anno, in attesa della Coppa Davis, a fronte di appena 6 sconfitte. Lo stesso identico score che ottenne Djokovic nel suo straordinario anno di grazia 2011. Certo, era l’era dei Big Three, direte voi. Ma questi risultati fanno impressione ugualmente, soprattutto se rapportati all’anno scorso, dove di questi tempi era già stupefacente vederlo duellare in finale contro Djokovic.
Oggi non lo è ma sembra la prassi: quasi come se non facesse più notizia. Questa prospettiva rende ancora più sensazionale la crescita dell’Azzurro e il ventaglio di possibilità che si apre al cospetto dei suoi 23 anni e di un futuro di cui Sinner fa già parte.
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