C’è un motivo se la Premier è considerata in Europa il campionato più prestigioso del Vecchio Continente. Non solo campioni e spettacolarità, soprattutto straordinaria imprevedibilità, tra sorprese e storie costantemente scandite weekend dopo weekend. Tra le copertine più rilevanti del momento torna stavolta il Nottingham Forest, club a cui chi mastica calcio britannico o internazionale non può mai esser indifferente: quel fascino Midlands fine anni settanta, il mito di Brian Clough e quelle due meravigliosamente eterne coppe dalle grandi orecchie, le Champions 1978/79 e 79/80. Il Forest è terzo in Premier, addirittura sopra ad Arsenal e Chelsea così come a tutte le londinesi, 19 punti all’attivo, straordinario bottino inferiore soltanto a quanto fin qui totalizzato da istituzioni come Liverpool e Manchester City. Davanti a pluriennali realtà europee come Villa e Newcastle.
Un club per oltre vent’anni crollato nelle leghe inferiori, prima di riconquistar due anni fa l’olimpo della massima serie grazie al folkloristico Steve Cooper, oggi al Leicester. La fine del matrimonio col tecnico delle Foxes ha significato inverno scorso l’avvento di NES, acronimo di Nuno Espirito Santo, qualcuno che trasuda Premier, qualcuno che quel calcio oltremanica lo conosce bene, eccome. Compattezza, strategia portoghese, fame, vecchie maniere. Qualcuno che dalla Championship si prese la Premier, i Wolves e lanciato gente come Jota, Raul Jimenez e Ruben Neves. Un professore adottato dalla comunità dei lupi e premiato dall’Università di Wolverhampton, un professore che oggi per riscattare la sfortunata esperienza al Tottenham ha saputo riprendersi le luci della ribalta sempre da quelle parti ma più che arancionere a tinte decisamente Reds, quelle di Nottingham. Lassù, al City Ground, impianto novecentesco sulle rive del Trent. Dove sbarcò ad inizio 2024 e salvò un club che complice spese folli e ben poco mirate sembrava destinato all’amarissima retrocessione. Invece no, salvezza e costruzione più lungimirante. Colpi per allestire un team su misura dell’oculata visione del portoghese. Quella barba a tratti incolta, quell’aspetto sembrante burbero.. invece tutt’altro, un galantuomo che ha saputo far breccia pur nel cuore di Nottingham.
E l’ha fatto con le sue ricette. Solidità, sì, ma evoluta. Pur adottando un sistema offensivo, quel 4231 che evidenzia l’evoluzione di chi a Wolverhampton non riusciva a prescindere dal 352. Calciatori offensivi casella per casella e ruolo per ruolo ma attentissimi al non possesso, determinante. Linea un pochino più alta, sì, ma squadra corta, cortissima. E mediana solida. Squadra vera. Difficile trovar varchi, chiedetene a Slot che proprio col Forest ad Anfield ha incassato l’unica sconfitta stagionale. Così Milenkovic atterra bene nel pianeta britannico, così anima Yates regge i pesantissimi infortuni di vulcani come Sangarè e Danilo. La fame e la voglia di rivalsa, quella scelta nei batteristi offensivi: così Hudson-Odoi è finalmente sbocciato assoluta realtà Premier, tra gioielli a giro e folate offensivi; lo stesso Elanga, scaricato dal Man United, equilibrio e talento scandinavo a destra. Poi l’asso, il trequartista, il cioccolatino che NES coccolava già al Molineaux: Gibbs-White, completissimo cocktail tra classe e potenza arrivato alla fatidica definitiva consacrazione. Senza mai dimenticar bomber Wood, tra i pochi neozelandesi alla ribalta europea, ariete puro, di quelli che masticano Premier, piogge, sponde e torri vecchio stampo, qualcuno che i gol li ha sempre fatti e sempre, in qualche modo, li farà. Il Forest è terzo in Premier. Solidità, fisicità e compattezza rocciosa che abbracciano evoluzione. Non è un caso che in campionato abbia concesso soltanto sette gol.
Adesso sembrerebbe agevole lanciarsi in voli pindarici. Il Forest è terzo in Premier. Tra pinte e fiume di birre la città sogna. Giusto così. I sogni costituiscono il nettare del tifoso. Ma Espirito Santo sa bene quanto sia complicato restar lassù a livelli come questi, in Premier. Ipotizzare Nottingham in Champions il prossimo anno, dal momento che siamo soltanto a metà autunno, resta fantascienza. Più verosimilmente, pur in NBA, se dovesse mantener questo trend e resistere a pressione, calendario, infortuni e momenti negativi può ambire a dar fastidio per l’Europa. Ecco perché NES predica calma e riporta tutti sulla terra. Alla realtà, al campo, al suo pane quotidiano. Alle sue ricette, soprattutto. Perché saremo pur soltanto a novembre, ma statene certi: NES non ha ancora finito di cucinare.
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