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Editoriale Calcio

Scusatemi, ma oggi di Milan-Napoli non mi interessa nulla

È da giorni, forse di più, che aspettavo questo giorno. Come si aspetta il compleanno di un parente strettissimo con cui hai condiviso tanti giorni della tua vita sin da quando hai memoria. Perché per me, Marco van Basten è molto più di un semplice idolo. Marco van Basten è il motivo per cui mi sono appassionato al calcio. E quindi, il motivo per cui ho sognato di fare questo lavoro, fino a riuscirci. Non si offenda nessuno, ma oggi non parlerò di Fonseca, di Milan Napoli, di Leao e di Furlani: per quello stavolta, se volete, c’è il mio canale YouTube, a cui vi invito a iscrivervi cliccando qui.  Davanti ai 60 anni dell’uomo che ha ispirato letteralmente la mia vita quasi ogni giorno, l’attualità passa in secondo piano. Ieri ho scritto un pezzo di auguri per Sportitalia: lo trovate in onda nella giornata di oggi in tutti i tg e le trasmissioni. Spero vi piacerà: vi ripropongo qui sotto il testo.

Se un giorno qualcuno ti chiederà, chi è stato Marco van Basten, non raccontarglielo. Faglielo vedere. Come si mostra un’opera d’arte, imperitura e immortale. Così unica e perpetua  da poter essere apprezzata anche da un occhio profano, un capolavoro armonico che appaga l’atavico bisogno di perfezione che ciascuno porta dentro di sé.

Quante  volte, uscendo da San Siro o da qualsiasi stadio in cui Marco ha portato in tour il suo spettacolo, il cuore ha battuto forte, così forte da far perdere di vista tutto il resto.

Per chi ama Marco van Basten, il calcio si è inaridito. Una sindrome di Stendhal che ci ha resi schiavi del pensare che nessuno sarà mai più come lui. Un’estasi che a distanza di 30 anni dal suo ritiro, non ha mai avuto timore di smentita, nemmeno per un istante.

Se la bellezza salverà il Mondo, Marco van Basten ha salvato le vite di milioni di persone. Le sue giocate penetrano l’anima. Le sue gesta prima ci riconciliano con la felicità, ci portano in Paradiso, ma poi ci ricordano che la vita è crudele, colpisce più forte chi è più vicino a raggiungere la perfezione.

Ma non importa se a soli 28 anni e dopo 3 palloni d’oro, la magia è stata spezzata così, senza rimedio, senza la possibilità di continuare a vivere nuovi sogni. Perché tutto ha una fine, tranne l’eternità.

E allora se un giorno qualcuno ti chiederà, chi è stato Marco van Basten, correggilo. Perché Marco van Basten non è stato. Marco van Basten sarà per sempre.

Chi è stato a casa mia, lo sa: la stanza degli ospiti ha un muro interamente dedicato a lui. La sua maglia firmata, i tre France Football dei suoi palloni d’oro, acquistati con fatica su Vinted qualche anno fa da ogni angolo d’Europa. Presto, anche la stampa della foto di quando l’ho incontrato la prima e unica volta, grazie a Carlo Pellegatti e Peppe Di Stefano (eterna riconoscenza per entrambi!), alla presentazione del loro libro in memoria di Silvio Berlusconi, lo scorso giugno. In quell’occasione, con l’amico e collega Michael Cuomo, abbiamo disobbedito alla regola: la sala del hotel Melià era piena, Marco sarebbe dovuto entrare con tutti già dentro. Ma noi – solo noi – rimanemmo fuori per aspettarlo. E quando spuntò in lontananza, accompagnato dalla moglie Lisbeth, ho pensato: “Ma sta succedendo davvero?”. Non pensavo di poterlo incontrare così da vicino, tant’è che non mi ero portato nemmeno nulla da fargli autografare.  E quando era lì, in attesa di poter entrare, lo fissavo: non avevo il coraggio di avvicinarmi, non volevo disturbarlo, conoscendo la sua riservatezza. Meno male che Michael è più sfacciato di me: “Marco, possiamo una foto?”. “Certo!”. La foto più importante della mia vita. In quel momento mi sono passati davanti mille ricordi: le partite alla radio, quando la pay-tv non esisteva. Le lotte con gli zii napoletani che volevano farmi dire “Forza Napoli”: non li ho mai, mai, mai accontentati, nemmeno da bambino. La videocassetta di Milan-Olimpia registrata dalla replica diurna su Canale5, l’audiocassetta del discorso di Silvio Berlusconi dopo Como durante la festa dello Scudetto ‘88, che mi aveva comprato papà in edicola in stazione a Milano, perché al mio paese non c’era, e che dai 3 ai 10 anni consumavo ogni giorno nel mangianastri: maledetto vizio di buttare le cose, mamma! Quanto vorrei averla oggi.

Poco dopo, mi uscirono le lacrime: “Sta piangendo per lei” gli disse Cuomo. “Perché, sono così brutto?” rispose sorridendomi e abbracciandomi. No, Marco: sei sempre stato meraviglioso. Altro che “meglio non conoscere i propri idoli per non rimanere deluso”: anche in questo, sei l’eccezione.  Avrei voluto solo dirti grazie, per tutto quello che sono riuscito a raggiungere nella mia vita lavorativa e non : spero di farlo prossimamente, nella festa dei 125 anni del Milan. O forse, anche stavolta, sono sicuro, lo farà Cuomo per me: maledetta, dolcissima emozione.

Francesco Letizia

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