Bologna-Milan: il campionato è falsato già a ottobre. Inter-Juve, che sia almeno spettacolo

Il mondo del calcio si crede sempre superiore a tutto. A volte è vero: muove denari e interessi che non possono fermarsi di fronte a un semplice mal di pancia. Ma spesso non è così e nessuno si ferma a pensare che la direzione intrapresa dal sistema del pallone è pericolosa. Il calcio italiano oggi è lo specchio del Paese: tanto rumore per i fatti di tendenza, che finiscono poi nel dimenticatoio qualche giorno dopo per fare spazio ai nuovi argomenti di discussione. Così, nel giorno in cui tutto il mondo ci guarda perché a San Siro c’è il derby d’Italia fra Inter e Juve, molti esprimono la propria opinione sul rinvio di Bologna-Milan che – a dirla tutta, rimanendo fedeli all’ottica calcistica – falserà il campionato irrimediabilmente.
Sta passando però qualche concetto sbagliato, o comunque non troppo fedele alla realtà. Mi sono occupato di protezione civile per diversi anni, conosco abbastanza la materia per riconoscere i messaggi sbagliati che stanno passando come fuorigiochi non segnalati dal VAR. Chi dice che la questione è politica non conosce un principio del nostro Paese: il sindaco è il capo della Protezione civile nel territorio sotto la propria responsabilità. Il provvedimento del primo cittadino di Bologna, dunque, non è una forzatura ma un diritto-dovere che fa capo solo a lui, che in questo momento deve pensare a tirar fuori dall’emergenza l’area colpita dall’alluvione, l’ennesima in un Paese che non pensa mai alla prevenzione.
Se un’area colpita da una maxi emergenza viene ritenuta inagibile, un qualsiasi evento va differito: l’ipotesi di giocare Bologna-Milan a porte chiuse viene meno e non ci sono livelli politici o istituzionali che possono togliere al sindaco l’autorità su un provvedimento di questo tipo. Ci spostiamo alle considerazioni: si poteva giocare il match in un’area diversa? Il parere diventa del tutto soggettivo ma – pur essendo una soluzione ragionevole – non si può costringere nessuno a negarsi il sacro diritto di giocare una partita nelle condizioni previste dal calendario, dunque nel proprio stadio e con i propri tifosi. Anche se – appare chiaro – il rinvio di Bologna-Milan abbia penalizzato tutti, soprattutto la regolarità del campionato.
Ma davvero non ci sono altre strade per evitare di buttare anche il tema di oggi in caciara? È così normale che il sistema calcio non tenga mai in considerazione la possibilità che in qualche circostanza ci si debba fermare per cause di forza maggiore? È ragionevole che una partita rinviata a fine ottobre non si possa recuperare prima di febbraio, forse marzo, forse mai? No. Torniamo a San Siro e al derby d’Italia fra Inter e Juve. Entrambe le squadre si sono già armate di santa pazienza per chiudere la stagione in piena estate, dopo il nuovo Mondiale per club. Sarà un’altra fonte di guadagno per le società? Vedremo. Intanto i giocatori hanno già messo una croce anche sulla prossima estate: niente vacanze ibere.
Pensate a un nazionale che giocherà questa sera a San Siro nell’Inter o nella Juve. Dopo l’estate anomala del 2022, solo perché il Mondiale si è giocato a novembre, non ha avuto una sola estate in cui ha potuto staccare la spina senza dover fare gli straordinari per rimettersi al pari col gruppo durante la preparazione: e così sarà – si spera, per gli italiani – per le prossime quattro estati almeno: nel 2023 c’è stata la Nations League, l’estate scorsa l’Europeo, la prossima estate il Mondiale per club, nel 2026 il Mondiale per poi ripartire col giro della Nations League nel 2027 e dell’Europeo nel 2028; prima di conoscere le nuove partecipanti al Mondiale per club del 2029. Si gioca tanto? Sì, decisamente. Non è umano.
La macchina del calcio è da rivedere. È impensabile, infatti, che i calendari non tengano minimamente in considerazione un incidente di percorso: banalmente, anche quelli imposti dalla natura. Il rinvio di Bologna-Milan palesa tutti i limiti di un sistema che sta badando al business a discapito della regolarità, e forse anche dello spettacolo. Un imbarazzo che sembra replicare tutto ciò che regolarmente – da un po’ di anni a questa parte – mette il Paese in ginocchio alle prime piogge. Il calcio italiano oggi rispecchia quella scarsa attenzione alla prevenzione che, alla prima occasione, porta dritta all’emergenza. Per poi buttarla sempre in caciara contro tutto e tutti. Tanto – il giorno dopo – ci sarà da parlare di qualcos’altro.
Nel sano confronto, siamo abituati anche a fornire qualche spunto per trovare soluzioni. La Serie A per 20 squadre forse è troppo: con qualche squadra in meno potrebbe aumentare anche la competitività del campionato, oltre a una migliore sostenibilità del calendario. La nuova Champions League così, probabilmente, ha poco senso: non scalda; tante squadre, due partite in più rispetto a prima ma nessun effetto “wow” per buona parte dei match da giocare. Una fase in più in stile Coppa Italia alleggerirebbe tutti, soprattutto i campioni che sono quelli che vogliono vedere tutti, pagando spesso dei biglietti che non sono più alla portata di molte delle famiglie. La verità è che questo calcio non è più per la gente comune.
Speriamo solo che il derby d’Italia sia una bella partita di calcio: con spettacolo e tanti gol, almeno da valere il prezzo del biglietto allo stadio o di un abbonamento per servizi tv che spesso non sono all’altezza dei costi. Un pensiero a chi vive in questi giorni l’emergenza a causa del maltempo e un abbraccio a chi lavora per risolverla. Speriamo al termine di questa serata si possa parlare del bello della gara di San Siro: di calcio e non di episodi. Affinché non si scada nelle solite polemiche alimentate dalla necessità di strumentalizzare i fatti per fare dibattito. Mentre certe questioni di principio passano sempre inosservate, puntualmente.
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