Inzaghi vs Conte: la probabile sfida scudetto, tra due retroscena di mercato e personalità agli antipodi

Posto che siamo ancora piuttosto lontani dall’avere individuato con certezza le due squadre che finiranno per emergere dal lotto delle protagoniste del campionato per andarsi a giocare la conquista del prossimo scudetto, la porzione di torneo che ci attende dopo la (noiosa) sosta per le Nazionali, evidenzia come copertina il 10 di novembre e lo scontro tra Inter e Napoli.
Un faccia a faccia tra due contendenti che assume un valore ancora più rilevante se la sfida viene riassunta attraverso il confronto tra le due guide tecniche, ovvero Simone Inzaghi ed Antonio Conte.

Simili nell’apprezzamento conclamato per lo stesso sistema di gioco, il 3-5-2, ma agli antipodi per quasi tutto il resto, a partire dall’interpretazione che due fuoriclasse della panchina identificano con il ruolo di leader che sono chiamati a ricoprire.
Una linea di continuità che trova perfetta corrispondenza con l’Inter di oggi, ereditata da Simone Inzaghi sulla struttura che Antonio Conte aveva contribuito a costruire in maniera solida e, a quanto pare, anche duratura.
Intendiamoci, dall’estate del 2021, sono stati tanti e sconvolgenti gli scossoni ai quali i nerazzurri hanno resistito, ed i meriti dell’attuale guida tecnica sono innegabili e di importanza fondamentale. Allo stesso modo va comunque sottolineato come l’architrave della squadra attuale trovi la sua consacrazione proprio con l’avvento del tecnico di Lecce sulla panchina dei milanesi.
Un esempio? Si parte dalla difesa, laddove Alessandro Bastoni si è affermato come uno dei braccetti di sinistra più apprezzati d’Europa. A Conte bastò qualche allenamento per comprenderne le potenzialità, facendo mettere da parte le tante richieste che avevano il classe ’99 come oggetto. La più pressante era quella del Cagliari, rifiutata dalla società nerazzurra con la conseguente affermazione di Bastoni come titolare inamovibile di un ciclo nerazzurro ancora in corso.
Discorso contrario si può fare in relazione a Federico Dimarco, che l’attuale allenatore del Napoli valutò per la parte iniziale della sua prima stagione sulla panchina nerazzurra, prima di ritenerlo troppo acerbo per poter essere protagonista con la maglia dell’Inter. Una conclusione contraria rispetto a quella alla quale giunse Simone Inzaghi, che sulla qualità e sul mancino del prodotto del settore giovanile nerazzurro, ha costruito un esterno da calcio totale: ordinato in fase difensiva, e letale in fase di spinta.

Altra caratteristica che segna una profonda linea di demarcazione tra i due tecnici è l’irrequietezza di Conte contrapposta alla calma quasi inscalfibile che contraddistingue Simone Inzaghi. Due maniere diverse di ottenere rispetto all’interno del gruppo, in uno spogliatoio che per ragioni opposte non ha mai messo in discussione la leadership dell’uno e dell’altro.
Raccogliendo le impressioni diffuse da parte di chi ha potuto arricchirsi con la guida dell’uno e dell’altro, si evidenzia come la gestione di Conte sia caratterizzata dall’apprendimento quasi mnemonico di concetti di calcio da applicare al collettivo, mentre la scelta di Inzaghi sia quella di responsabilizzare il singolo lasciandogli maggiore libertà di scelta nel momento in cui ha il pallone tra i piedi, aumentando così l’imprevedibilità della squadra come diretta conseguenza delle giocate individuali.

Un approfondimento a parte meritano le scelte dal punto di vista tattico, che fanno quasi a pugni con quanto manifestato poche righe fa a livello gestionale. Nonostante le apparenze possano suggerire qualcosa di diverso, Conte si è manifestato per tutta la sua carriera come un geniale trasformista. Per nulla intransigente rispetto al legame con un solo sistema di gioco, ma piuttosto in grado di partire con il 4-2-4, per poi vincere allestendo un fantastico 3-5-2 tra Torino e Milano, sino a imbastire un tridente nei trascorsi londinesi che ora si sta portando dietro nell’esperienza napoletana contraddistinta anche da un cambio della linea arretrata. Un’adattabilità all’organico che rappresenta un punto di forza, e che testimonia anche l’incisività nella costruzione dello stesso sul mercato che Conte pretende da qualsiasi società decida di affidarsi a lui.
Nascono da lì, molte delle proverbiali frizioni con le varie dirigenze che hanno avuto a che fare con la sua intransigenza, e che portarono per esempio al divorzio con l’Inter. Atteggiamenti cui fanno da contraltare gli approcci di Simone Inzaghi con lo stesso argomento: al punto da permettergli di “resistere” con interlocutori non semplici come Claudio Lotito nel lustro alla Lazio, e con le difficoltà economiche conclamate di Steven Zhang ed il conseguente ribaltone societario nel periodo nerazzurro.

Ciò che accomuna entrambi, ad ogni modo, è il fine ultimo del risultato conseguito. Se Conte ha già acquisita nel proprio pedigree l’aura di allenatore vincente nel DNA, Inzaghi sta lavorando per aggiungere altri trofei alla propria lista. Una bacheca di recente arricchita con lo scudetto della seconda stella, alla quale punta ad affiancare una consacrazione europea già sfiorata con una finale di Champions League e che in molti imputano come unica vera mancanza nella pluridecorata carriera del tecnico del Napoli.
Insomma, ammesso che sia davvero tra loro due, la sfida scudetto di quest’anno ha un ineccepibile motivo d’interesse in più.

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