Qualche riflessione sugli allenatori aiuta. La promessa è un cartello che campeggia, idealmente e non, a caratteri cubitali: siamo appena a ottobre, non serve montare processi e organizzare ultimatum. Quello, eventualmente, sarà un problema delle società non soddisfatte e che pensavano – speravano – di avere un raccolto copioso. Il precedente Fonseca è poi illuminante, esemplare e significativo al tempo stesso: quando pensava di avere la valigia pronta e aveva prenotato il taxi per Malpensa o Linate, all’improvviso quel derby gli ha riempito le tasche che pensava fossero completamente vuote. Quindi, calma. Ma abbiamo già tre storie molto diverse e quasi gli antipodi.
Antonio Conte dice che non è il momento di parlare di scudetto, che ovviamente i tifosi devono sognare ma che il ritardo del Napoli della scorsa stagione è stato abissale e quindi non si può pensare di colmare il gap. Parole, soltanto parole, per spegnere l’entusiasmo che scatta in automatico quando si siede sulla panchina di un top club. Conte è stato chiamato per risanare e per vincere subito. Questo non significa che sarebbe un fallimento se il Napoli arrivasse secondo o terzo, comunque tornerebbe in Champions dopo una sanguinosissima assenza per una stagione. Ma se investi in tripla cifra 130-140 milioni, come puoi pensare di guardare il panorama senza alcun tipo di ambizione diversa? Gli hanno preso tutti quelli che voleva, si può aggiungere che senza Conte non ci sarebbe stato simile esborso. E Antonio deve accollarsi l’onere che deve portarlo in zona scudetto per cercare di bissare quanto è riuscito recentemente a Luciano Spalletti.
Marco Baroni ha ereditato la Lazio, meritato premio alla gavetta. Sorvolo su quanto ha realizzato in passato, tanto lo sanno tutti. Più giusto sottolineare come Il classe 1963 abbia fatto subito una fotografia perfetta, tatticamente parlando. Ha avuto buoni regali dal mercato, partendo da Tavares e Dia, li sta valorizzando nel migliore dei modi. Se gli avessero portato Folorunsho, sfiorato negli ultimi giorni della sessione estiva, sarebbe stato un assortimento a maggior ragione da rimarcare. La sensazione, molto più di una sensazione, è che la Lazio abbia acceso un ciclo in grado di dare frutti importanti nel giro di qualche anno. Occhio comunque a non trascurare gli effetti della prima stagione, nel senso che il raccolto potrebbe essere immediato. Giocare per segnare un gol in più con un’organizzazione spesso imprevedibile è il primo passaggio per andare alla cassa. Ben oltre il malcontento di chi ha accolto qualsiasi acquisto con diffidenza, anche quando si trattava di gente di indubbie qualità.
Raffaele Palladino in queste prime settimane è proprio agli antipodi rispetto ai suoi due colleghi: mentre Conte e Baroni sono all’Equatore, lui si trova esattamente al Polo Nord e sta facendo pochissimo – quasi nulla – per prendere meno freddo. La Fiorentina ha organizzato un mercato importante e questo lo capirebbe persino chi non si occupa di queste cose. Palladino chiedeva rinforzi per giustificare un anonimo avvio di campionato e Conference, senza gioco: già a quei tempi avrebbe dovuto racimolare qualche risultato senza aggrapparsi al ramoscello degli alibi. Poi ha avuto un’ottima iniezione in ogni reparto, eppure la squadra resta inguardabile. Qualcuno sostiene che Palladino non sia pronto per certe piazze, magari è giusto avere pazienza per qualche giorno, al massimo per qualche settimana. Semplicemente perché la produzione è talmente misera da risultare inaccettabile. Qui non si tratta di aspettare che un allenatore fiorisca dandogli almeno cinque o sei mesi, qui si tratta di non scendere sotto il vuoto pneumatico. E la Fiorentina oggi è un mistero buffo ingiustificato, anzi ingiustificabile. Sveglia.