Ecco perché Inzaghi è una miniera d’oro e chi non se ne accorge è in malafede

In un mondo basato sul buonsenso, chi si rende conto di avere tra le mani una miniera d’oro, cerca di tenersela stretta e di usufruirne il più possibile senza correre il rischio che qualcun altro se ne possa accorgere. Il mondo del calcio, però, è basato suo malgrado su principi ben diversi e molto meno illuminati. Sono l’umore e la pancia ad avere la meglio sul cervello e sul ragionamento, ed allora può accadere che la squadra Campione d’Italia in carica, reduce da una partita giocata alla pari in Champions League contro il club quasi universalmente riconosciuto come quello più forte del Mondo, possa mettere in discussione l’individuo che si è reso artefice di una creatura dai meccanismi quasi perfetti.
E’ il destino di Simone Inzaghi, che personifica la miniera di cui sopra, sollecitato da discussioni che di logico non hanno nulla e che sono arrivate a metterne in dubbio la qualità, il carisma e addirittura le scelte. Quasi dimenticandosi che la sorgente dei sei trofei conquistati nelle ultime tre stagioni, della finale di Champions League disputata a oltre un decennio di distanza da quella precedente sia la stessa del Derby meritatamente perso nella serata di domenica.
Le critiche mosse nei confronti dell’allenatore dell’Inter sono le più disparate, a partire da quella parola magica “turn over” che sembra rappresentare la musa ispiratrice di qualsivoglia detrattore. Del resto, l’esercizio è facile anche per chi di competenze ne ha poche: perdi con i “titolari”? Colpa del mancato turn over, la rosa è la più competitiva del campionato.
Perdi con le riserve? Colpa dell’eccesso di turn over e dell’incapacità di gestire le risorse che sono state messe a disposizione.
Gli unici ad uscirne sempre vincitori, in sostanza, sono proprio coloro i quali decidono di ergersi a giudici del lavoro di un professionista che con i dati di fatto, e non a parole, ha dimostrato di essere da tempo uno dei migliori allenatori del continente.

A dimostrarlo non è certo l’opinione di chi scrive, che può essere altrettanto tacciata di mancata competenza o capacità di giudizio, mancherebbe altro. A gridarlo con forza sono i dati di fatto testimoniati da numeri inoppugnabili, e soprattutto indispensabili per fornire una valutazione il più possibile oggettiva e coerente con la realtà dei fatti. La principale vittoria di Simone Inzaghi risiede nel presupposto dal quale i suoi più acerrimi detrattori partono per cercare di criticarlo: ovvero il fatto che l’Inter abbia la squadra più forte del campionato. Frase pronunciata con leggerezza, ma senza domandarsene mai la ragione. Perchè l’Inter è considerata più forte delle avversarie? E’ certamente falso che i nerazzurri abbiano un gruppo migliore degli altri perchè hanno speso più delle avversarie. Così come è falso che la squadra sia la più forte per le potenzialità economiche di una società che è tornata ad essere solida soltanto da qualche mese.
L’analisi deve partire dalle stagioni che stanno coinvolgendo Inzaghi come guida dei nerazzurri. Dall’estate 2021 all’autunno 2024, i milanesi hanno infatti realizzato un attivo di 121 milioni di euro, prendendo in considerazione i soldi incassati dai calciatori ceduti e quelli speso per acquistarne di altri. Numeri lontani anni luce rispetto a quelli che hanno invece contraddistinto le campagne acquisti delle squadre concorrenti, e che nello stesso lasso di tempo non possono certamente dire di avere regalato più soddisfazioni ai propri tifosi rispetto a quanto fatto dallo stesso Inzaghi con l’Inter. Riprova ne sia il fatto che il tecnico dei nerazzurri è l’unico (Gasp a parte) ad essere ancora seduto sulla stessa panchina da quando si è preso carico della gestione del momento di crisi economica più forte mai vissuto dalla società nerazzurra.
Un recente comunicato stampa dell’Inter, ha inoltre aggiornato rispetto alla prospettiva di chiudere il bilancio che verrà con una perdita di soli 36 milioni di euro, ovvero un sostanziale pareggio operativo considerando che quella cifra corrisponde agli interessi sul bond stipulato in anni decisamente anteriori rispetto a quelli che stiamo prendendo in considerazione. L’Inter non ha ridotto i costi, ma ha realizzato nel contempo il proprio record storico di ricavi. Merito di una gestione dirigenziale illuminata, certamente, ma anche di una guida tecnica che garantisce una sostanziale certezza di valorizzazione del singolo attraverso il collettivo, e perchè no anche tramite i risultati raggiunti.
Se l’Inter è Campione d’Italia, e può permettersi di non partire sconfitta in partenza anche contro un colosso economico e sportivo come il Manchester City, la ragione è essenzialmente questa.
A differenza di chi giudica, e cambia idea in base ad ogni risultato di settimana in settimana, la dirigenza nerazzurra ha capito che la miniera d’oro di cui sopra è una delle ragioni della propria rinascita. E che un derby perso meritatamente non può certo mettere in discussione.

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