I tiratori franchi specializzati in Simone Inzaghi sono un classico su questi schermi, praticamente il piatto forte della casa. Anche e soprattutto perché il mondo del giornalismo si è trasformato in un cinguettio continuo, il “bosco” è ricco. Soprattutto sono quelli che ragionano in base a uno o due risultati, a maggior ragione se si tratta di giornalisti (ehm, influencer) in servizio permanente effettivo. Riepilogando: i tiratori franchi sono gli stessi che nel 2022 avevano chiesto ad alta voce l’esonero oppure le dimissioni dello stesso Simone, imperdonabile dal loro osservatorio privilegiato (?) la gestione della volata scudetto vinto dal Milan. Quelli che nel 2022 erano per il ritorno di Conte, eventuali e varie, sono gli stessi che hanno abbozzato per un paio di anni e che non vedevano l’ora di scendere in campo per schierare la formazione tipo del loro “vivere cavalcando l’onda” in assenza di altre cose da fare. Basta un risultato negativo per far crollare l’impalcatura, se puoi quel risultato è una sconfitta del derby non ci sono dubbi che quel cattivone di Simone meriti un processo approfondito e senza alcun tipo di sconto. Il bello o il brutto di questa storia è che magari sono gli stessi reduci dalle celebrazioni per la “strepitosa prestazione” in Champions contro il Manchester City, fiumi di parole prima che il solito risultato sbagliato permettesse di fare marcia indietro senza un minimo di coerenza. Ora può darsi che Inzaghi abbia sbagliato più di qualcosa nel derby, e lui stesso si è addossato in primis le responsabilità, ma adesso concentriamoci sui tiratori franchi appostati sul terrazzo e pronti a sparare. Basterebbe, basterà, un altro piccolo passo falso per scatenare l’inferno. Funziona spesso così.
Quelli che pensano di poter trovare la quadratura del cerchio a fine settembre appartengono a due categorie: c’è chi vive in un mondo surreale e chi ragiona in malafede. I primi sono i rappresentanti della categoria che pensa di poter arrivare alla soluzione con la bacchetta magica, come se non ci volesse tempo per integrare i nuovi acquisti. I secondi sono quelli che devono difendere il loro “cavallo” uscito di scena e chissà quando tornerà. A Bologna e Firenze ci si aspetta di più da Italiano e Palladino, vale lo stesso discorso fatto prima: il mercato rossoblù non mi è piaciuto troppo, mentre il capo della panchina viola ha fin qui convinto poco. Diciamo la verità: i due episodi nel secondo tempo contro la Lazio hanno nascosto problemi non indifferenti, la squadra è lacunosa e dovrebbe essere allenata meglio dopo un mercato importante. Per questo motivo è giusto fare i complimenti a chi ha lavorato e basta, senza troppe chiacchiere e senza parlare del mercato aperto come un fastidiosissimo avversario (ah, gli alibi). Paolo Vanoli ha trasmesso una mentalità vincente al Torino, sarebbe bello se questa svolta servisse per regalare un approdo europeo per la prima volta nella lunghissima gestione firmata Cairo. Applausi scroscianti per Roberto D’Aversa che non ha certo trasformato l’Empoli nel Real Madrid, ma ha risposto a tutti quelli che lo avevano mandato al patibolo dopo quanto accaduto a Lecce. Nella vita nessuno è esente da colpe e/o errori, ma i peggiori sono quelli che pensano di avere ragione puntando sempre l’indice sul prossimo. D’Aversa non lotterà per la Champions, ma aveva proprio bisogno di togliersi qualche macigno dalle scarpe.
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