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Editoriale Calcio

Conte e la Juve. Storia di un grande amore

La storia non si cancella. Quella di Antonio Conte alla Juve è stata vincente da giocatore, da capitano e da allenatore. Uomo del Sud, simbolo fra gli altri di un popolo che s’identifica nel bianco e nel nero: in una storia che annoda cicli che uniscono generazioni per l’Italia intera, oltre che un pezzo di mondo. Le rivalità contano nel calcio perché senza quelle sarebbe uno spettacolo piatto, privo di emozioni. Ma l’educazione sportiva è sacra e Conte ha dato un insegnamento di calcio all’Allianz Stadium che vale molto più di una goleada: al termine di Juve-Napoli ha girato per tutto il campo ad applaudire ogni settore, quelli occupati dai suoi ex tifosi della Juve e quelli del Napoli di oggi. In conferenza stampa è stato poi netto: “Durante il match sono stato rivale, ma non sarò mai nemico”.
Quel profumo di casa in un saluto impregnato d’emozione lo ha respirato tutto anche Tek Szczesny, al quale il popolo bianconero ha concesso il giusto tributo. L’erede di Buffon è uscito in punta di piedi accettando la richiesta del club d’interrompere il rapporto un anno prima del previsto: sui 4 milioni concordati per l’uscita, a fronte dei 7 e mezzo netti che avrebbe dovuto guadagnare, c’era pure una clausola che li avrebbe ridotti in caso di accordo economico con un altro club. Il polacco è stato uomo ancora prima che un atleta esemplare, dimostrando senza troppi giri di parole di essere riconoscente alla Juve per tutto ciò che ha ricevuto negli anni d’oro in cui ha vinto e anche per quelli in cui ha dovuto reggere la pressione dello scollamento dalle zone nobili della classifica di A e non solo.
La storia non si cancella. Quella di Thiago Motta alla Juve è appena cominciata e l’entusiasmo non basta: la difesa è solida, per carità, ma senza gol non si vince e non si cresce. Poi sì, il calcio si evolve e quello del neo allenatore bianconero lo si deve ancora assaporare fino in fondo, in una Juve che gli ha aperto tutte le porte fidandosi totalmente: piena fiducia nel lavoro del tecnico, i segnali più confortanti giungono da come i giocatori si raccontano nel lavoro quotidiano, con un coinvolgimento totale. Certo, a dirla tutta, i tifosi bianconeri vorrebbero che la squadra si ritrovasse già a un livello d’identità ben definito come lo ha il Napoli di Conte, che si è presentato allo Stadium per tentare di vincere senza rischiare di perdere. È stata una partita vera a Torino, bella anche se asciutta in zona porta.
Vlahovic a secco in 5 delle 6 gare giocate fin qui è campanello d’allarme: Weah punta centrale come alternativa un’idea che – almeno per adesso – sembra un po’ scarna di presupposti, a meno che Nico Gonzalez e Koopmeiners non ne approfittino per ottimizzare maggiormente gli spazi a disposizione. Bisogna trovare una soluzione perché Milik non si vedrà prima della prossima sosta. Ma c’è anche dell’altro: Danilo e Douglas Luiz in panchina, per esempio, non fanno più notizia, anche se il primo è il capitano e il secondo uno degli acquisti più pagati dal mercato rivoluzionario di Giuntoli. La storia qui è solo all’inizio e non c’è ancora la pressione solita con cui si vive alla Juve: ma il bonus d’entrata non è illimitato e nelle prossime uscite la squadra dovrà dare un giro diverso ai punti.
Giovanni Albanese

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