Ho fatto un incubo: dopo anni a parlare di uno stadio tutto rossonero, di cambio di passo a bilancio, di scatto in avanti sulla concorrenza, ero finito di nuovo a condividere la casa con la concorrenza.
Ho fatto un incubo: i mille progetti di espansione per cui ho accettato anni palesemente interlocutori a livello tecnico, andavano in fumo in una mattinata di metà settembre.
Ho fatto un incubo: la proprietà più illuminata d’Italia si rivelava come un Pallotta qualsiasi e faceva inversione a U su tutta la linea.
Parlo di incubo e non di realtà, perché dalle verifiche effettuate in prima persona nella primissima mattinata di ieri, non c’è nulla di deciso in questa direzione al momento. Ma il solo fatto che se ne parli senza un’adeguata secca smentita, alimenta fin troppo la discussione in un momento già di per sè delicatissimo. Di tutto c’era bisogno, tranne che di questo. Ne ho parlato ieri in un video anche sul mio canale YouTube (a proposito, vi invito a iscrivervi assolutamente gratuitamente qui): voglio credere che si tratti di una “velina” che arriva dal comune di Milano, o da ambienti vicini alla dirigenza nerazzurra.
Perché tifosi rossoneri, tifosi Milanisti, è bene essere chiari: l’eventuale – sempre eventuale – dietrofront su San Donato sarebbe la più grave sconfitta ottenuta nella storia del Milan “moderno”. Non c’è risultato sul campo che possa essere paragonabile: importa poco un derby in più o in meno perso, persino uno scudetto. Qua si tratta di giocarsi la faccia e di rovinare definitivamente ciò che di più importante custodiamo: il futuro.
Perché i tifosi del Milan che hanno accettato di accantonare il passato e di accettare il presente, palesemente non in linea con il blasone di questo club, lo hanno fatto con la speranza di tornare dove meritano: viva cinque, sette, otto anni di “quarto posto”, magari con qualche miracolosa aggiunta stile 2022, se poi nel 2030 o giù di lì, il Milan avrà chance reali di vincere l’ottava. E la nona. E la decima.
Ma se il piano di battaglia diventasse “vabbè, rimaniamo con l’Inter”, no: non c’è giustificazione, non c’è motivazione da ascoltare. Neppure la più sensata del mondo. Tanto più che, nel caso, i soldi verrebbero ugualmente spesi: anche fosse il progetto più intelligente del secolo, porterebbe gli stessi introiti anche ai tuoi diretti concorrenti, annullando totalmente il presunto vantaggio.
Perché forse è ora di ricordare una cosa: nello sport europeo, raramente due club avversari fanno business insieme. Perché c’è vera rivalità sportiva. Perché c’è storia, sentimento: c’è molto più del business. Se non fosse ancora chiaro, sarebbe il caso che lo fosse da domani.
Ho fatto un incubo così brutto e reale, che sembrava vero: ora sta a Red Bird, in cui fino a oggi ho sempre riposto fiducia e in cui continuerò a riporla fino a concreta prova contraria, far suonare la sveglia. Bella forte, e anche presto. I Milanisti non hanno più tempo.
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