De Rossi si è già arreso. Dopo appena due giornate è già il lontano parente di quello ammirato nella seconda parte della scorsa stagione. È cambiato il tono della voce, è cambiata la sua gestualità in panchina, è cambiata la sua energia. È come se stesse trattenendo la sua famosa vena perché da allenatore non può lasciarsi andare. Mentre vorrebbe lasciarsi andare, eccome se vorrebbe. Perché questa Roma non è quella che si immaginava. O meglio questo mercato della Roma non è quello che immaginava. Sta chiedendo da 3 mesi esterni di gamba e al momento sono arrivati solo Dahl (mai visto ancora) e la scommessa Abdulhamid. Ha chiesto un difensore centrale e non è ancora arrivato nessuno. Ha chiesto delle cessioni e gli esuberi sono ancora tutti lì. E in tutto questo la Roma è riuscita a spendere quasi 100 milioni. L’impressione è che il problema sia sempre il solito. Ghisolfi è giovane e magari diventerà il miglior direttore sportivo in circolazione, ma al momento non sembra all’altezza. Che poi è lo stesso problema avuto con Tiago Pinto. E ancora prima con Monchi anche se nel caso dello spagnolo l’inesperienza non c’entrava. La verità è che gli ultimi Ds “reali” sono stati Sabatini e Petrachi. Avevano esperienza, pelo sullo stomaco, conoscenza, avevano soprattutto personalità e quella capacità di opporsi ad alcune scelte societarie. A Ghisolfi adesso serve un miracolo per completare la rosa. È una corsa contro il tempo per acquisti e cessioni. La mossa a sorpresa Shomurodov nel finale contro l’Empoli è stata una provocazione anche per questo. Il mercato della Roma era iniziato in un modo e con delle idee precise, ma sta finendo in un altro modo e con altre idee. Sta finendo soprattutto nel caos totale. Quello in cui è finito anche Daniele De Rossi.