Jannik Sinner, il caso Clostebol fa ancora discutere (Ansa Foto) - Sportitalia.it
Jannik Sinner, protagonista di un lungo intervento nel Media Day degli Us Open, è ancora sotto attacco: c’è la rivelazione
Un fiume in piena. Che già di per sé è un qualcosa che poco si addice al personaggio, normalmente schivo e allergico ai riflettori della ribalta. L’eccezionalità della situazione – la conferenza stampa ufficiale che anticipa lo start del grande appuntamento tennistico di fine agosto, gli Us Open – meritava però una loquacità che non è mancata. E che ha chiarito i pochi, pochissimi punti oscuri di una vicenda che ha molto agitato l’animo del campione.
Non si è insomma fatto pregare, Jannik Sinner, nel ripercorrere le varie tappe di un vero e proprio incubo giudiziario: quello che ha poi determinato la sua condanna, ma senza colpevolezza, per le infinitesimali tracce di Clostebol – meno di un miliardesimo di grammo – rilevate nel suo organismo dopo un controllo fatto ad aprile, appena dopo il torneo di Indian Wells.
“Chi mi conosce sa che non ho mai violato le regole e non farei nulla di illegale. Ho giocato con questo peso nella mente ed è andata bene, ma ovviamente essermi liberato di questo pensiero non può che farmi stare meglio e farmi giocare questo torneo al massimo”, ha esordito Jannik prima di ringraziare i due collaboratori – il preparatore personale Umberto Ferrara e il fisioterapista Giacomo Naldi – responsabili dell’involontario caso di doping che ha colpito il numero uno del mondo.
Appurata la responsabilità dei due, l’ITIA (l’International Tennis Integrity Agency) si è limitata a multare l’altoatesino, privandolo di quanto guadagnato nel torneo succitato, togliendogli anche i punti ATP conquistati per il cammino nello stesso. Ad atleti di altri sport, colpiti dalla presenza della medesima sostanza proibita nelle urine e/o nel sangue è andata però decisamente peggio.
È stato questo il caso di Stefano Agostini, ormai ex ciclista, protagonista di una disavventura che sembra ricalcare quella di Jannik ma con un finale ben diverso. Nel suo caso infatti, datato ormai 11 anni fa, scattò una squalifica talmente invalidante da portare l’atleta all’abbandono delle scene agonistiche. Il racconto di quanto accaduto è stato affidato ad un post su Facebook riportato poi dall’agenzia di stampa ANSA.
“Era il 21 agosto del 2013 quando ad un controllo antidoping a sorpresa risultai positivo per una quantità infinitesimale di una sostanza che non avevo mai sentito prima di allora. Il maledetto Clostebol, principio attivo di una pomata usata per il trattamento di tagli, escoriazioni della pelle e simili. Il giorno dopo la squadra mi sospese e un mese dopo mi licenziò. Un giornalista ([…]) scrisse della mia positività riferendo che il Clostebol fosse stato largamente usato nel doping di stato dalla Germania orientale”, ha esordito.
“Per mesi cercai di spiegare all’UCI come mai si trovassero nel mio corpo quei 0,7 nanogrammi e fu chiaro a tutti che non ci fosse stato nessun intento di alterare qualsiasi prestazione. Seguendo i regolamenti WADA mi diedero 15 mesi di squalifica (un anno e 3 mesi). Non riuscii ad accettarlo. Smisi di correre a 24 anni”, l’amara ricostruzione dell’ex ciclista.
Un epilogo quindi piuttosto forte per Agostini che masticando amaro ha voluto raccontare in questo modo la sua storia personale.
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