Perdonatemi se prendo in prestito la citazione del mitico Cecco Angiolieri, ma… s’i fosse Giorgio, arderei ‘l mercato. Attenzione: questo nulla c’entra nemmeno lontanamente con il pareggio contro il Torino, uno schiaffo che potrebbe alla lunga anche risultare come salutare e quindi da riconoscere come elemento indispensabile nella creazione di una stagione che valga la pena. Ma se io fossi Giorgio Furlani sì, da qui al 30 agosto, mi inventerei più di qualcosa. Intendiamoci: la squadra è forte. Sicuramente rinforzata rispetto allo scorso anno. E chi lo nega, sta automaticamente dicendo che Pavlovic non vale Kjaer, Emerson non vale Simic, Fofana non vale Pobega e Saelemaekers è inesistente. Se la pensate così, allora si, la squadra non è stata rinforzata.
Ma nel mondo reale, ci si rende conto del valore indiscutibile della rosa. Eppure, essendo arrivati così puliti fin qui, sarebbe un peccato regalare il famoso “settimo giorno”. Qualcos’altro si può fare e spieghiamo anche perché:
La crescita imposta da Red Bird si apprezza anche sui dettagli, dalla comunicazione all’apertura al mondo dei tifosi, vedi i tanti eventi agli store coi giocatori. Si può migliorare o smussare qualche spigolo (gli show a San Siro, per esempio, meglio evitarli all’intervallo quando si sta perdendo, perché la cultura italiana è differente da quella USA), ma il Milan vive incredibilmente il futuro nel presente: creare ancora un po’ di entusiasmo in più potrebbe essere un boost pazzesco per tutto l’ambiente.
È giusto ricordare che il Milan ha il miglior dirigente finanziario in circolazione nel mondo del calcio, perché col calcio nulla c’entra. Giorgio Furlani è un marziano in un pianeta di gente che fa fatica a conoscere le tabelline e a coniugare un congiuntivo: sfido chiunque a trovare altri CEO che ascoltano le conferenze stampa dei loro nuovi acquisti senza traduttore, perché padroni di almeno 4 lingue straniere (se sono di più, non lo escludo, mi scuso). In questo trionfo di perfezione, rischiare di lasciare l’opera incompiuta per colpa di un paio di dettagli, non è da perfezionisti, cosa che invece a Casa Milan sono eccome.
Le questioni da svoltare sono due: Bennacer e Saelemaekers. Il primo ammicca all’Arabia, ma di concreto si è visto poco: occhio però a non voler troppo, per stringere nulla. La situazione dell’algerino appare così chiara tecnicamente e fisicamente – sbaglieremo – che anche alleggerirsi del suo pesante ingaggio e incassare quei 20/25 milioni che servono per il suo sostituto sarebbe una vittoria, senza appellarsi alla clausola, fuori mercato. Anche perché un giocatore come Manu Konè, cambia la faccia della squadra ulteriormente. Anche al punto di poter sacrificare un altro giocatore, eventualmente Bennacer non si sbloccasse, vedi Saelemaekers, e virare con più continuità sul 4-3-3. Il belga è utile? Sicuramente. Ma è un orpello, in un settore già molto coperto, meno impattante di quanto non sarebbero altre pedine in altri ruoli.
Infine, il discorso punta, secondario a mio parere rispetto all innesto in mezzo. In linea del tutto teorica, un reparto con Morata, Jovic e volendo Okafor e Camarda, potrebbe essere completo. Sono il primo a pensare che il fatturato dei gol debba essere ripartito anche sugli esterni e non solo sui 9. Ma all’atto pratico della prima partita, Jovic fatica dall’inizio e Morata sta già fuori un mese. E allora forse, un pensierino last minute a qualcosa si può fare, magari in prestito. Omorodion (2004) non occuperebbe posto in lista, ma con l’Atletico i rapporti potrebbero essersi incrinati. L’ivoriano Datro Fofana del Chelsea (2002) sotto quel punto di vista, potrebbe essere più semplice. A meno di non scegliere di poter occupare lo slot in lista serie A del suddetto Saelemaekers. E allora perché non Jonathan David? Contratto in scadenza, società amica, allenatore che lo conosce già… Se non ora quando? Mai come quest’anno, gennaio sembra lontanissimo: il settimo giorno, Dio si riposó. Furlani e Ibra, lavorandone anche 8 senza riposo, possono fare ancora meglio.
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